Sui giornali

SUI GIORNALI

Thursday, September 18, 2008

acna, un mito e un tempio della chimica anche per la camorra!!!

roberto saviano la cita, la camorra la cita, per quanto riguarda la mafia, totò riina e il padrone dell' acna cercate in questo sito.

Al centro di tangentopoli, con collegamenti in gruppi societari con la mafia, al centro simbolico dell' inquinamento della campania e dei + interessanti affari della camorra.

Ma i dati giusti sono sempre in questo sito e in altri articoli citati in questo sito.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Cosi-ho-avvelenato-Napoli/2040653

quando si va al centro dei problemi dell' italia c'è sempre una reazione:

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Perquisizioni/2040773

1)e pensare che per i rifiuti dell' acna in campania possono trovare tutto su internet con gran risparmio di tempo e soldi.

2)e pensare che il giornale valbormida viva aveva già pubblicato tutto nel 1991:

http://cid-1f27e7e7996fd09f.skydrive.live.com/self.aspx/Pubblica/Acna1%20-%20copie.jpg

http://cid-1f27e7e7996fd09f.skydrive.live.com/self.aspx/Pubblica/val%20bor%20pul%20e%20rif.doc

cosa fanno?

la vanno a perquisire adesso?

vedere i commenti dei campani qui:

http://www.pupia.tv/cesa/notizie/000313.html

anno zero: ora santoro se ne è occupato, vedere video:

http://www.ecoblog.it/post/6729/ecomafie-allespresso-un-pentito-denuncia-i-politici-coinvolti-ma-e-fuga-di-notizie

Così ho avvelenato Napoli
di Gianluca Di Feo e Emiliano Fittipaldi
Le confessioni di Gaetano Vassallo, il boss che per 20 anni ha nascosto rifiuti tossici in Campania pagando politici e funzionari

Temo per la mia vita e per questo ho deciso di collaborare con la giustizia e dire tutto quello che mi riguarda, anche reati da me commessi. In particolare, intendo riferire sullo smaltimento illegale dei rifiuti speciali, tossici e nocivi, a partire dal 1987-88 fino all'anno 2005. Smaltimenti realizzati in cave, in terreni vergini, in discariche non autorizzate e in siti che posso materialmente indicare, avendo anche io contribuito... Comincia così il più sconvolgente racconto della devastazione di una regione: venti anni di veleni nascosti ovunque, che hanno contaminato il suolo, l'acqua e l'aria della Campania. Venti anni di denaro facile che hanno consolidato il potere dei casalesi, diventati praticamente i monopolisti di questo business sporco e redditizio. La testimonianza choc di una follia collettiva, che dalla fine degli anni Ottanta ha spinto sindaci, boss e contadini a seminare scorie tossiche nelle campagne tra Napoli e Caserta. Con il Commissariato di governo che in nome dell'emergenza ha poi legalizzato questo inferno.Gaetano Vassallo è stato l'inventore del traffico: l'imprenditore che ha aperto la rotta dei rifiuti tossici alle aziende del Nord. E ha amministrato il grande affare per conto della famiglia Bidognetti, seguendone ascesa e declino nell'impero di Gomorra. I primi clienti li ha raccolti in Toscana, in quelle aziende fiorentine dove la massoneria di Licio Gelli continua ad avere un peso. I controlli non sono mai stati un problema: dichiara di avere avuto a libro paga i responsabili. Anche con la politica ha curato rapporti e investimenti, prendendo la tessera di Forza Italia e puntando sul partito di Berlusconi. La rete di protezione Quando Vassallo si presenta ai magistrati dell'Antimafia di Napoli è il primo aprile. Mancano due settimane alle elezioni, tante cose dovevano ancora accadere. Due mesi esatti dopo, Michele Orsi, uno dei protagonisti delle sue rivelazioni è stato assassinato da un commando di killer casalesi. E 42 giorni dopo Nicola Cosentino, il più importante parlamentare da lui chiamato in causa, è diventato sottosegretario del governo Berlusconi.
Vassallo non si è preoccupato. Ha continuato a riempire decine di verbali di accuse, che vengono vagliati da un pool di pm della direzione distrettuale antimafia napoletana e da squadre specializzate delle forze dell'ordine: poliziotti, finanzieri, carabinieri e Dia. Finora i riscontri alle sue testimonianze sono stati numerosi: per gli inquirenti è altamente attendibile. Anche perché ha conservato pacchi di documenti per dare forza alle sue parole. Che aprono un abisso sulla devastazione dei suoli campani e poi, attraverso i roghi e la commercializzazione dei prodotti agro-alimentari, sulla minaccia alla salute di tutti i cittadini. Come è stato possibile?
"Nel corso degli anni, quanto meno fino al 2002, ho proseguito nella sfruttamento della ex discarica di Giugliano, insieme ai miei fratelli, corrompendo l'architetto Bovier del Commissariato di governo e l'ingegner Avallone dell'Arpac (l'agenzia regionale dell'ambiente). Il primo è stato remunerato continuativamente perché consentiva, falsificando i certificati o i verbali di accertamento, di far apparire conforme al materiale di bonifica i rifiuti che venivano smaltiti illecitamente. Ha ricevuto in tutto somme prossime ai 70 milioni di lire. L'ingegner Avallone era praticamente 'stipendiato' con tre milioni di lire al mese, essendo lo stesso incaricato anche di predisporre il progetto di bonifica della nostra discarica, progetto che ci consentiva la copertura formale per poter smaltire illecitamente i rifiuti". Il gran pentito dei veleni parla anche di uomini delle forze dell'ordine 'a disposizione' e di decine di sindaci prezzolati. Ci sono persino funzionari della provincia di Caserta che firmano licenze per siti che sono fuori dai loro territori. Una lista sterminata di tangenti, versate attraverso i canali più diversi: si parte dalle fidejussioni affidate negli anni Ottanta alla moglie di Rosario Gava, fratello del patriarca dc, fino alla partecipazione occulta dell'ultima leva politica alle società dell'immondizia.L'età dell'oro Vassallo sa tutto. Perché per venti anni è stato il ministro dei rifiuti di Francesco Bidognetti, l'uomo che assieme a Francesco 'Sandokan' Schiavone domina il clan dei casalesi. All'inizio i veleni finivano in una discarica autorizzata, quella di Giugliano, legalmente gestita. Le scorie arrivavano soprattutto dalle concerie della Toscana, sui camion della ditta di Elio e Generoso Roma. C'era poi un giro campano con tutti i rifiuti speciali provenienti dalla rottamazione di veicoli: fiumi di olii nocivi.
I protagonisti sono colletti bianchi, che fanno da prestanome per i padrini latitanti, li nascondono nelle loro ville e trasmettono gli ordini dal carcere dei boss detenuti. In pratica, accusa tutte le aziende campane che hanno operato nel settore, citando minuziosamente coperture e referenti. C'è l'avvocato Cipriano Chianese. C'è Gaetano Cerci "che peraltro è in contatto con Licio Gelli e con il suo vice così come mi ha riferito dieci giorni fa". Il racconto è agghiacciante. Sembra che la zona tra Napoli e Caserta venga colpita dalla nuova febbre dell'oro. Tutti corrono a sversare liquidi tossici, improvvisandosi riciclatori. "Verso la fine degli Ottanta ogni clan si era organizzato autonomamente per interrare i carichi in discariche abusive. Finora è stato scoperto solo uno dei gruppi, ma vi erano sistemi paralleli gestiti anche da altre famiglie". Ci sono trafficanti fai-dai-te che buttano liquidi fetidi nei campi coltivati in pieno giorno. Contadini che offrono i loro frutteti alle autobotti della morte. E se qualcuno protesta, intervengono i camorristi con la mitraglietta in pugno.La banalità del male Chi, come Vassallo, possiede una discarica lecita, la sfrutta all'infinito. Il sistema è terribilmente banale: nei permessi non viene indicata l'esatta posizione dell'invaso, né il suo perimetro. Così le voragini vengono triplicate. "Tutte le discariche campane con tale espediente hanno continuato a smaltire in modo abusivo, sfruttando autorizzazioni meramente cartolari. Ovviamente, nel creare nuovi invasi mi sono disinteressato di attrezzare quegli spazi in modo da impermeabilizzare i terreni; non fu realizzato nessun sistema di controllo del percolato e nessuna vasca di raccolta, sicché mai si è provveduto a controllare quella discarica ed a sanarla". In uno di questi 'buchi' semilegali Vassallo fa seppellire un milione di metri cubi di detriti pericolosi.L'aspetto più assurdo è che durante le emergenze che si sono accavallate, tutte queste discariche - quelle lecite e i satelliti abusivi - vengono espropriate dal Commissariato di governo per fare spazio all'immondizia di Napoli città. All'imprenditore della camorra Vassallo, pluri-inquisito, lo Stato concede ricchi risarcimenti: quasi due milioni e mezzo di euro. E altra monnezza seppellisce così il sarcofago dei veleni, creando un danno ancora più grave. "I rifiuti del Commissariato furono collocati in sopra-elevazione; la zone è stata poi 'sistemata', anche se sono rimasti sotterrati rifiuti speciali (includendo anche i tossici), senza che fosse stata realizzata alcuna impermeabilizzazione. Non è mai stato fatto uno studio serio in ordine alla qualità dell'acqua della falda. E quella zona è ad alta vocazione agricola".L'import di scorie pericolose fruttava al clan 10 lire al chilo. "In quel periodo solo da me guadagnarono due miliardi". Il calcolo è semplice: furono nascoste 200 mila tonnellate di sostanze tossiche. Questo soltanto per l'asse Vassallo-casalesi, senza contare gli altri i boss napoletani che si erano lanciati nell'affare, a partire dai Mallardo. "Una volta colmate le discariche, i rifiuti venivano interrati ovunque. In questi casi gli imprenditori venivano sostanzialmente by-passati, ma talora ci veniva richiesto di concedere l'uso dei nostri timbri, in modo da 'coprire' e giustificare lo smaltimento dei produttori di rifiuti, del Nord Italia... Ricordo i rifiuti dell'Acna di Cengio, che furono smaltiti nella mia discarica per 6.000 quintali. Ma carichi ben superiori dall'Acna furono gestiti dall'avvocato Chianese: trattava 70 o 80 autotreni al giorno. La fila di autotreni era tale che formava una fila di circa un chilometro e mezzo". Un'altra misteriosa ondata di piena arriva tra la fine del 2001 e l'inizio del 2002: "Si trattava di un composto umido derivante dalla lavorazione dei rifiuti solidi urbani triturati, contenente molta plastica e vetro". Decine di camion provenienti da un impianto pubblico: a Vassallo dicono che partono da Milano e vanno fatti scomparire in fretta.Il patto con la politica Uno dei capitoli più importanti riguarda la società mista che curava la nettezza urbana a Mondragone e in altri centri del casertano. È lì che parla dei fratelli Michele e Sergio Orsi, imprenditori con forti agganci nei palazzi del potere: il primo è stato ammazzato a giugno. I due, arrestati nel 2006, si erano difesi descrivendo le pressioni di boss e di politici. Ma Vassallo va molto oltre: "Confesso che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società Eco4 gestita dai fratelli Orsi. Ai fratelli Orsi era stata fissata una tangente mensile di 50 mila euro... Posso dire che la società Eco4 era controllata dall'onorevole Nicola Cosentino e anche l'onorevole Mario Landoldi (An) vi aveva svariati interessi. Presenziai personalmente alla consegna di 50 mila euro in contanti da parte di Sergio Orsi a Cosentino, incontro avvenuto a casa di quest'ultimo a Casal di Principe. Ricordo che Cosentino ebbe a ricevere la somma in una busta gialla e Sergio mi informò del suo contenuto". Rapporti antichi, quelli con il politico che la scorsa settimana ha accompagnato Berlusconi nell'ultimo bagno di folla napoletano: "La mia conoscenza con Cosentino risale agli anni '80, quando lo stesso era appena uscito dal Psdi e si era candidato alla provincia. Ricordo che in quella occasione fui contattato da Bernardo Cirillo, il quale mi disse che dovevamo organizzare un incontro elettorale per il Cosentino che era uno dei 'nostri' candidati ossia un candidato del clan Bidognetti. In particolare il Cirillo specificò che era stato proprio 'lo zio' a far arrivare questo messaggio". Lo 'zio', spiega, è Francesco Bidognetti: condannato all'ergastolo in appello nel processo Spartacus e, su ordine del ministro Alfano, sottoposto allo stesso regime carcerario di Totò Riina e Bernardo Provenzano. L'elezione alla provincia di Caserta è stata invece il secondo gradino della carriera di Cosentino, l'avvocato di Casal di Principe oggi leader campano della Pdl e sottosegretario all'Economia. "Faccio presente che sono tesserato 'Forza Italia' e grazie a me sono state tesserate numerose persone presso la sezione di Cesa. Mi è capitato in due occasioni di sponsorizzare la campagna elettorale di Cosentino offrendogli cene presso il ristorante di mio fratello, cene costose con centinaia di invitati. L'ho sostenuto nel 2001 e incontrato spesso dopo l'elezione in Parlamento".Ma quando si presenta a chiedere un intervento per rientrare nel gioco grande della spazzatura, gli assetti criminali sono cambiati. Il progetto più importante è stato spostato nel territorio di 'Sandokan' Schiavone. Il parlamentare lo riceve a casa e può offrirgli solo una soluzione di ripiego: "Cosentino mi disse che si era adeguato alle scelte fatte 'a monte' dai casalesi che avevano deciso di realizzare il termovalorizzatore a Santa Maria La Fossa. Egli, pertanto, aveva dovuto seguire tale linea ed avvantaggiare solo il gruppo Schiavone nella gestione dell'affare e, di conseguenza, tenere fuori il gruppo Bidognetti e quindi anche me".Vassallo non se la prende. È abituato a cadere e rialzarsi. Negli ultimi venti anni è stato arrestato tre volte. Dal 1993 in poi, ad ogni retata seguiva un periodo di stallo. Poi nel giro di due anni un'emergenza che gli riapriva le porte delle discariche. "Fui condannato in primo grado e prosciolto in appello. Ma io ero colpevole". Una situazione paradossale: anche mentre sta confessando reati odiosi, ottiene dallo Stato un indennizzo di un milione 200 mila euro. E avverte: "Conviene che li blocchiate prima che i miei fratelli li facciano sparire...".
(11 settembre 2008)


ATTUALITA'
Perquisito L'espresso e le abitazioni di due giornalisti

Dall'alba di oggi, su disposizione della procura di Napoli, una quindicina di finanzieri sta effettuando perquisizioni presso la redazione de L'espresso e le abitazioni dei giornalisti Gianluca Di Feo e Emiliano Fittipaldi.La perquisizione e i sequestri conseguenti di documenti e computer dei giornalisti, è stata ordinata dopo Ia pubblicazione dell'inchiesta di copertina del settimanale in edicola, Così ho avvelenato Napoli.Nell'inchiesta sono riportate le confessioni dell'imprenditore Gaetano Vassallo, sullo smaltimento dei rifiuti tossici in Campania per conto della Camorra. Nelle sue confessioni Vassallo chiama in causa politici e funzionari: in particolare il sottosegretario all'Economia, Nicola Cosentino, oltre a una nutrita schiera di sindaci e manager degli enti locali campani.
(12 settembre 2008)


di Proibito il 11/09/2008 (16:04)
però a ceso vasillo e adorato e venerato la gente piangevo per l'accaduta
#2 di Patria il 11/09/2008 (16:33)
ecco un altro uomo illustro del made in Cesa
#3 di RAGNO il 11/09/2008 (16:36)
Ah Gaetano come ti sei ridotto !!!!! Hai voluto strafare per fare cosa? Tutta colpa della NEVE !!!!!!!!!
#4 di RAGNO il 11/09/2008 (16:47)
Quando è buon tempo ognuno è marinaio e si vorrebbe mettere al timone. Col mare in calma tutti sono capaci di portare un vapore a passeggiare.» Eduardo De Filippo
#5 di fragile il 11/09/2008 (17:11)
Quando hai finito di cantare ( MA SOLO QUANDO HAI DETTO TUTTO) facci un piacere METTITI UNA CORDA AL COLLO, SENZA SAPONE.

#6 di alcor il 11/09/2008 (17:19)
E solo adesso ti rendi conto del male che hai fatto a tutti noi?Medita
#7 di ladymiki il 11/09/2008 (17:29)
ke squallore.... avavevano la testa alta quando poi erano i primi a rubare..ke skifoo..
#8 di trust il 11/09/2008 (18:56)
i vassallo non sono solo monnezzari, sono pure a munnezz ra gent!
#9 di RAGNO il 11/09/2008 (19:07)
Tempo fa' quando Salvatore Vassallo compi' 18 anni il suo papa' gli regalo' una Lancia Delta Turbo Integrale modello Martini valore commerciale 35-40 milioni all' epoca , io spesso quando lo vedevo mi chiedevo? Ma come mai mio padre dopo tanti anni di lavoro possiede un umile alfa 33 (usata)? Col tempo ho capito che mio padre a me ha regalato l'onesta e la dignita' quello che manca a quelle persone che per soldi hanno rovitato una generazione .
#10 di ladymiki il 11/09/2008 (22:03)
ragno hai perfettamente ragione....sono contentissima ke qsta gente è in galera a marcireeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee---wwwwwwwwwwwwwwwwww la giustiziaaaaaa annaà muri
#11 di ladymiki il 11/09/2008 (22:03)
ragno hai perfettamente ragione....sono contentissima ke qsta gente è in galera a marcireeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee---wwwwwwwwwwwwwwwwww la giustiziaaaaaa annaà muri
#12 di cocco il 11/09/2008 (23:41)
ad ogni modo hanno fatto tutti una brutta fine!!!!!!!!!questo è molto importante....la cosa buffa e che prima quando vedevo queste persone per strada, da un certo punto di vista li apprezzavo, mi dicevo però questi vassallo proprio bravi imprenditori!!!!!!mamma mia mi vergogno dei pensieri che ho avuto.queste persone per soldi hanno rovinato noi i nostri figli e se non si fa qualcosa anche i nostri nipoti.vergognatevi.la magistratura dovrebbe sequestrare tutti i loro introiti per opere di bonifica e risanamento.poi una domanda mi assilla la mente ma loro ai loro bambini li guardano negli occhi?? come si fa ad avvelenare anche i tuoi figli.nessuna pietà in carcere tutta la vita e fuori tutti i soldi.vergognatevi andate via da cesa!!!!! schifosi.delinquenti.
#13 di Nicola10 il 12/09/2008 (09:55)
spero che il governo lo usi come lui ha usato le nostre terre per fare i propri comodi, e poi lo lasci al suo destino, altro che scorta o indennizzi vari. chi sbaglia è giusto che paghi, e lui ha ucciso molte persone avvelenandole, quindi una volta che ha finito di pentirsi lasciatelo al suo destino...

Monday, September 15, 2008

da ivg: con i soldi risanamento acna si risolvono anche i problemi di viabilità

http://www.ivg.it/2008/09/15/cangio-nuova-viabilita-nei-pressi-della-stazione-ferroviaria/print/

Cengio, nuova viabilità nei pressi della stazione ferroviaria
Posted By Federico De Rossi On 15 Settembre 2008 @ 15:18 In 3, Altre citta', Attualita, Cengio,, Istituzioni, ROL, Rank, Viabilita,
Cengio. E’ stato presentato dalla Provincia di Savona il progetto viario relativo all’allargamento della strada nei pressi della stazione ferroviaria del Comune di Cengio.
L’intervento consiste nell’allargare la sezione stradale in prossimità della strettoia dovuta all’esistenza dell’edificio della stazione ferroviaria, sulla strada provinciale n. 339. Il costo dell’opera ammonta a 335.000 euro, di cui 120.000 provenienti dalle risorse del “fondo per lo sviluppo sostenibile della Val Bormida” della Provincia di Savona; 185.000 da parte del commissario Delegato in base al Protocollo di risanamento delle Areee Acna destinate alla viabilità e infine 30.000 da parte dell’ammnistrazione comunale di Cengio.
Attualmente la larghezza della strada è insufficente ad ospitare due corsie di marcia, con un restringimento di carreggiata che determina un transito a senso unico alternato.L’intervento si rende necessario per evitare i frequenti incidenti, senza contare che lo stesso poggiolo a sbalzo è sostenuto da un pilastro più volte colpito dai veicoli che si immettono sulla strettoia.
L’intervento consiste nell’adeguamento funzionale del tratto di strada compreso tra il km 34+400 ed il km 34+600, al fine di ottenere un andamento plano-altimetrico del tracciato ed una geometria della sede stradale rispondenti alla vigente normativa e soprattutto adeguati alle esigenze del traffico, soprattutto di quello pesante.
Si procederà alla parziale demolizione della stazione ferroviaria, il cui fabbricato avrà dimensione rettangolare di lunghezza pari a 12,85 m. e larghezza pari a 7,48 m. La diminuzione della volumetria occorrente per la realizzazione dell’intervento sarà recuperata attraverso la creazione di un volume tecnico, adiacente alla stazione ferroviaria, al fine di consentire eventuali futuri interventi di rinnovamento delle tecnologie di sicurezza ferroviarie.
Nell’ambito dei lavori è previsto anche il rifacimento del muro di cinta del piazzale antistante la stazione ferroviaria che sarà pavimentato con cubetti di porfido analoghi a quelli già utilizzati nelle zone limitrofe.La fermata dell’autobus sarà spostata in posizione tale da consentire la fermata in sicurezza e il raggiungimento della stazione e delle abitazioni attraverso un percorso pedonale protetto.Infine sono previsti interventi di sistemazione generale della carreggiata stradale e nel rifacimento di parte dell’ illuminazione pubblica.
“Finalmente di concerto con il Comune di Cengio, siamo riusciti a dare corso a questo lavoro molto importante per la messa in sicurezza della SP 339 nei pressi della stazione ferroviaria - ha affermato l’assessore provinciale alla viabilità Pierluigi Pesce -. I lavori termineranno entro sei mesi e avverranno, in concomitanza della chiusura del tratto ferroviario interessato da lavori di realizzazione di una galleria da parte delle ferrovie, evitando così disagi e ottimizzando i tempi”.

Wednesday, June 18, 2008

anche lo scrittore superstar roberto saviano parla di rifiuti acna

ma i dati giusti sono solo qui:
http://suigiornali.blogspot.com/2008/05/da-la-gazzetta-d-alba-c-olocco-rifiuti.html

ed ecco saviano:
http://www.repubblica.it:80/2008/05/sezioni/cronaca/camorra-1/processo-spartacus/processo-spartacus.html

CRONACA
Appello per il processo Spartacus. Una condanna sarà un colpo al cuore per il clanA Francesco Schiavone resteranno due possibilità: morire in carcere o pentirsi
Il processo ai padroni di GomorraDomani le sentenze sui Casalesi
di ROBERTO SAVIANO

SPARTACUS è il nome del processo che domani o dopodomani giungerà all'inizio della fine. Si chiuderà la prima parte, verranno lette le prime sentenze di secondo grado. 31 imputati, per sedici dei quali è stato chiesto l'ergastolo, il processo di mafia più importante degli ultimi vent'anni. Spartacus: il nome non è stato scelto a caso. È un omaggio a Spartaco, il gladiatore tracio che nel 73 avanti Cristo insorse contro Roma. Partendo dalla scuola gladiatoria di Capua con un pugno di uomini, riuscii a raccogliere schiavi, liberti, gladiatori d'ogni parte del meridione. Che un processo prenda il nome di un ribelle, di uno schiavo fuorilegge che sfidò Roma - la culla del diritto - è qualcosa di unico per la storia della giustizia. Questo processo è stato chiamato Spartacus con l'idea che il diritto potesse liberare queste terre schiave dal potere dei clan e dell'imprenditoria criminale. Con il sogno che un processo potesse innescare la sollevazione di un territorio, credendo che la vera rivoluzione qui consista nella possibilità di agire legalmente: senza sotterfugi, alleanze, raccomandazioni, appalti truccati e aziende dopate dal mercato illegale. Spartacus è il risultato di una enorme indagine condotta dal 1993 al 1998 dalla Procura Antimafia di Napoli, ossia dai Pm Federico Cafiero De Raho, Lucio Di Pietro, Francesco Greco, Carlo Visconti, Francesco Curcio e poi Raffaele Cantone, Antonello Ardituro, Marco Del Gaudio e Raffaello Falcone. E mentre molta parte l'Italia e d'Europa continuerà a pensare che si sta celebrando un processo contro una banda criminale, l'ennesima del sud Italia, in realtà le carte processuali, le audizioni, i più di mille imputati nelle gabbie, parlano di un potere enorme che va considerato una delle avanguardie dell'economia di questo paese. In uno dei passi più significativi del processo Spartacus un teste da la lettura chiara del controllo economico del territorio: PM: Senta e quando vi dava la notizia che c'erano dei lavori, voi che cosa facevate? TESTE: La prima cosa che si faceva era sapere il nome dell'impresa che doveva eseguire i lavori. Poi chiaramente questa persona veniva chiamata, si chiudeva il lavoro e i soldi che doveva dare all'organizzazione e in più dicevamo dove rivolgersi nella zona per prendere il cemento...
Soldi per poter lavorare sul territorio e poi cemento per poter costruire, imprese, subappalti. Ecco il loro impero. Lello Magi è il magistrato che ha redatto la motivazione della sentenza di primo grado del processo Spartacus. Nelle sue carte si trovano i grandi affari, i nomi delle aziende - la Bitum Beton, la General Beton, l'Annunziata Calcestruzzi. I maggiori investimenti pubblici sono stati realizzati dalle imprese del clan dei casalesi. E tutto emerge in questo processo. Dalla realizzazione di numerose infrastrutture stradali come la Nola-Villa Literno, il raccordo con, l'autostrada A1 Roma-Napoli, e persino il carcere di Santa Maria Capua Vetere. I Casalesi hanno costruito il carcere con le loro imprese. Carcere che avrebbe poi raccolto soprattutto i loro affiliati. Quando il commissario straordinario di Governo inizia a progettare l'esecuzione dell'arteria Roma-Napoli, la spesa iniziale è di settanta miliardi di lire. Il costo effettivo, dopo cinque anni di lavoro, sarà di duecentoquaranta miliardi. Le imprese che in subappalto lavorano a quest'arteria sono del clan dei Casalesi e le imprese che non lo sono per lavorare pagano una tangente al clan. Così con questo meccanismo di drenaggio di soldi pubblici e con il meccanismo delle estorsioni, le loro imprese edili, i loro alberghi, le loro aziende di trasporto diventano le migliori d'Italia e i loro broker investono e costruiscono in tutto il mondo. In soli due procedimenti contro la famiglia Schiavone nell'agosto del 1996 furono sequestrati beni per 450 miliardi di lire e, un anno dopo, nell'agosto 1997, altri 515 miliardi. Quei 500 milioni di euro odierni sequestrati in due estati a uno solo dei clan che compongono il cartello dei Casalesi, sono una cifra che avrebbe messo in ginocchio qualsiasi gruppo imprenditoriale. Invece gli Schiavone e con loro i Casalesi continuarono a prosperare. La stima fatta dalla Dda di Napoli parla di un attuale fatturato di circa 30 miliardi di euro. Non più milioni di euro, ma miliardi. Un gruppo che ha saputo infiltrarsi ovunque. Investire nel settore immobiliare a Parma e costruire nel centro di Milano. Sversare i rifiuti tossici arrivati da ogni parte del nord Italia, come emerge sin dalla prima inchiesta che nel 1992 portò a scoprire - attraverso le indagini del pm Franco Roberti - che i rifiuti tossici finiti nel casertano partirono da Thiene, nel Vicentino, sino a quelle del 2008 sullo sversamento illegale di ottomila quintali di fanghi dell'Acna di Cengio, vicino Savona, e scarti di lavorazione del poliestere. E poi l'alleanza con Cirio e Parmalat, la distribuzione controllata dal clan in gran parte del centro sud che garantiva un monopolio di imprese alimentari in cambio di una "estorsione". Ma queste vicende sono solo collaterali allo Spartacus. Questo processo riguarda vicende che vanno dalla morte del capo storico dei casalesi, Antonio Bardellino, nel 1988 sino al 1996. C'erano voluti quasi dieci anni per accertare quei fatti, e per chiudere il primo grado del processo, nel 2005. Il giorno della sentenza di allora ricorda quello che sta accadendo di nuovo in queste ore. Circa duecento tra carabinieri e poliziotti. Cani antibomba, tiratori scelti, volanti, elicotteri. Un processo che ha visto complessivamente in questo e negli altri procedimenti paralleli 1.300 indagati, partito dalle dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone. Seicentoventisei udienze complessive, 508 testimoni sentiti, più 24 collaboratori di giustizia, di cui 6 imputati. 90 faldoni di atti acquisiti. Una inchiesta-madre che ha generato decine di processi paralleli: omicidi, appalti, droga, truffe allo Stato. Nacquero nella seconda metà degli anni 90', Spartacus 2 e Regi Lagni, l'inchiesta sull'opera di recupero dei canali borbonici che per anni permise ai clan - secondo le accuse - di usare i loro appalti miliardari non per risistemare i canali ma dislocare miliardi di lire verso le loro imprese edili che, da lì in avanti, sarebbero divenute vincenti in tutt'Italia. E poi il processo Aima, le truffe che i clan Casalesi avevano fatto nei famosi centri dello "scamazzo", ossia dove la comunità europea raccoglieva la frutta prodotta in eccesso dando in cambio un indennizzo ai contadini. Nei grandi fori dove veniva buttata la frutta i clan gettavano invece immondizia, ferro, rimasugli di lavori edili. Prima però tutta la schifezza se la facevano pesare: incassando i soldi di indennizzo e continuando a vendere ovunque la frutta dei loro appezzamenti. Poi, per la prima volta furono sequestrate come beni della camorra anche due società di calcio: l'Albanova e il Casal di Principe. Questo era stato il processo di primo grado: 21 gli ergastoli, oltre 750 anni di galera inflitti. Persino le carte processuali da trasmettere ai giudici d'appello, i 550 faldoni contenenti gli atti del procedimento nel novembre 2006, hanno avuto bisogno di un camion blindato e scortato dai carabinieri per portare i documenti da Santa Maria Capua Vetere a Napoli. Tutto questo era accaduto nella sostanziale indifferenza dei media nazionali ed internazionali. Per questo secondo grado non sarà così. I nomi dei boss, delle loro aziende, i nomi dei loro delitti non passeranno solo sulla stampa locale, non avranno solo vita d'inchiostro nei documenti processuali. Verranno conosciuti, saranno resi noti, non saranno soltanto passaggi sul rullo continuo e indifferente dell'informazione. E infatti il fastidio per l'attenzione, la loro assoluta ripugnanza di finire sotto i riflettori nazionali ha avuto dimostrazione e prova ieri nelle parole del capo del clan Francesco Schiavone Sandokan. Durante l'ultima udienza ha chiesto di poter rinunciare ad assistere perché "non sono una fiera in gabbia". Sa che quando allo show si toglie la faccia del capo, si perde almeno la metà dell'attrattiva mediatica e con questo l'efficacia della comunicazione. Il clan ha paura. Ha paura perché i Casalesi condanne definitive non ne hanno mai avute, perché sentono come un'assurdità l'essere condannati per fatti commessi decenni prima, quando ormai la loro carriera è avviata verso altre logiche, altri mercati. E poi i loro capi storici non sono mai morti in galera, ma sempre liberi e lontani dal territorio: Antonio Bardellino in Brasile, Mario Iovine in Portogallo. Loro non vogliono finire i loro giorni dentro un carcere. Schiavone è stato reso celebre, troppo celebre, dal suo soprannome ricevuto da giovane quando per la sua somiglianza con l'attore Kabir Bedi fu chiamato appunto Sandokan. E lui i media li sa gestire sin troppo bene. Arrivò, nonostante il regime di 41 bis gli impedisse di comunicare con l'esterno, a scrivere una lettera ad un giornale locale dove indicava ai suoi uomini quali giornali acquistare, che linea mantenere, quali posizioni avere, rimarcando: "Sono felice di scontare in carcere tutte le mie condanne. Non sono uno che mangia carne umana". E con questo sottolineava che non si sarebbe pentito. Ma queste parole sono di troppi anni fa. Con la condanna di domani il clan Schiavone sarà in ginocchio. E lui, Sandokan, rimarrà sempre più solo. Il capo. L'uomo che secondo la sentenza di primo grado ha organizzato con determinazione e intelligente strategia la sua ascesa al potere. Sino ad ora il clan ha rispettato i suoi figli, gli ordini della moglie Maria Pia Nappa, compagna di una vita che lui ritiene di aver sempre onorato, ponendosi nel ruolo del padre integerrimo e marito fedele. Ma stranamente nel processo ci sono due donne americane, Kathrin Houston e Cristina Emich, sottufficiali della Nato, divenute amanti di Sandokan: la prima condannata ad un anno e mezzo per aver fornito al boss 3 pistole calibro 357 Magnum. Se arriveranno gli ergastoli domani, non uscirà più di galera. E al capo, all'uomo che ha tentato di tutto pur di uscire dal carcere, che ha scritto lettere al Presidente della Repubblica per chiedere la grazia, che ha cercato di farsi passare per matto con perizie psichiatriche che parlavano di strani fantasmi che lo andavano a trovare di notte in cella, a Francesco Sandokan Schiavone non rimarrà che pentirsi. Cantarsi gli affari e gli affiliati; svelare i nomi dei suoi alleati nei meccanismi della politica e dell'imprenditoria, i suoi stipendiati nell'editoria. Solo quello potrà essere lo strumento per non essere murato vivo. L'altro capo in galera è Francesco Bidognetti, detto "Cicciotto 'e mezzanotte" boss del settore dei rifiuti, uomo del racket del cemento e dei mercati. Anche lui non ha speranze oltre il pentimento. Non può fare altro se non vuole finire i suoi giorni in cella e vedere la sua famiglia dilaniarsi, come sta già accadendo da quando la moglie Anna Carrino si è pentita. Lui tentenna da tempo. Sembra voler collaborare definitivamente. E se i due capi in carcere dovessero pentirsi, allora l'intera storia della camorra casalese potrebbe davvero trovarsi ad un punto di cristi totale e di svolta epocale. Un processo come questo, durato anni, non è solo una forma della giustizia, è molto di più. È anche un percorso culturale, una rinascita del diritto, un momento in cui si sono sedimentate le forze e le energie di un territorio. La chiusura di questo processo è un segnale, una possibilità di una nuova primavera del mezzogiorno italiano. Bisognerà non spegnere l'attenzione, seguire la vicenda giudiziaria in Cassazione e poi soprattutto seguire gli altri rami del processo Spartacus che riguardano i rapporti con la politica, i rapporti con le imprese legali. Rami del processo che se non si interviene rischiano di vedere cadere i reati in prescrizione. Ora che si sta chiudendo il processo - lungo frammento di storia di queste terre, archeologia criminale e umana che emerge dalle carte e dalle confessioni - mi vengono in mente i volti di coloro che sono stati uccisi per aver posto resistenza al potere del clan. E poi sono stati dimenticati, trascurati, spesso neanche citati. Finiti sulle targhe delle strade o ricordati solo nel cuore dei familiari ed amici. I nomi dei morti in questa guerra mai dichiarata e in realtà combattuta sempre, senza mai concedere armistizio. Salvatore Nuvoletta: un carabiniere ammazzato nel 1982 a vent'anni, punito perché aveva partecipato all'arresto di un parente del boss Sandokan. E poi Franco Imposimato, nel 1983, ucciso perché fratello del giudice Imposimato ma anche perché militante ecologista. Alberto Varone che nel 1991 distribuiva giornali, e aveva un mobilificio che faceva gola al clan del suo paese che voleva ramificarsi in ogni settore. E ovviamente Don Peppino Diana ucciso nel 1996 per il suo documento "Per amore del mio popolo non tacerò". Poi Federico Del Prete, ucciso nel 2002, sindacalista solitario che organizzò un antiracket dei venditori ambulanti. Fino a Domenico Noviello, ucciso poco più di un mese fa per una denuncia fatta sette anni prima. E poi i feriti, gli umiliati, i minacciati: il delegato CGIL Michele Russo gambizzato per aver minacciato di far scendere i lavoratori edili in sciopero; Antonio Cangiano sparato alla schiena per un appalto non regalato ai clan: Renato Natale cui sversarono chili di merda di bufala fuori casa per dimostrare che il clan l'avrebbe sommerso se continuava a fare il sindaco del paese. In attesa della sentenza, a loro va il pensiero che il diritto possa davvero divenire come fu il sogno di Spartaco. Possa essere in grado di ridare diritto: diritto alla vita e alla libera decisione di ogni singolo. E auspicando che questo sogno non finisca come finì Spartaco giustiziato lungo la via Appia, strada dove oggi al posto delle croci dei ribelli si trovano per ironia della sorte gran parte dei negozi degli uomini del clan dei Casalesi. Vorremmo che questo processo non sia soltanto un sogno di riscossa ma una concreta possibilità di far emergere il meglio di questa terra che non ne può più del marcio che la governa. E anche che questo auspicio possa stavolta giungere sino a Roma. Sperando di non dimenticare, sperando di poter mutare. E viene in mente un verso di Isaia capitolo 21, versetti 11 e 12, quando dice "Shomér ma mi-llailah, ma mi-lell" ovvero "Sentinella, a che punto è la notte?" Il profeta che vide fuoco e fiamme, cede a questo verso di speranza. "La notte sta per finire ma l'alba non è ancora arrivata." È questa la risposta. Copyright 2008 by Roberto Saviano Published by arrangement of Roberto Santachiara Literary Agency (18 giugno 2008)

Friday, June 13, 2008

a chi ha preso i rifiuti acna non riaprono la discarica! una bella fortuna! ormai si parla più dell' acna in campania che al nord

ma tutti sparano dati senza vedere i nostri veri!

slogan delle manifestazioni:

"Di che colore lo vuoi il tuo tumore?
Tumore tumore tumore tricolore!!"

http://espresso.repubblica.it:80/dettaglio-local/Rifiuti-tossici-choc-a-Giugliano-Il-clan-ci-uccide-senza-sparare/2029496/6:

Le rivelazioni del pentito sui traffici dei Casalesi
Il sindaco "In ogni famiglia un tumore"
Rifiuti tossici, choc a Giugliano"Il clan ci uccide senza sparare"
Antonio CorboSono almeno 120 gli ettari infettiColdiretti: "Subito bonifiche". Meno frutta, più fiori
Pianese: "E ho dovuto fermare il generale Giannini, voleva riaprire Taverna del ferro"
GIUGLIANO - Solo il sindaco sapeva. La terza città della Campania ha oltre centomila abitanti e almeno 120 ettari di terra malata. «Siamo ai limiti della sopportazione, in ogni casa si piange per un tumore», Giovanni Pianese ha i toni sicuri dei giorni peggiori. «La politica deve reagire, denunciare non basta, quindi questo Comune dovrà proporre, realizzare». Mancano poche ore al primo consiglio comunale, Pianese consegna al segretario generale Rossella Grasso la lista dei 5 assessori esterni, nomi di prestigio, si ricomincia. Ma proprio ieri sono apparse le dichiarazioni di Gaetano Vassallo, la verità sui clan. Hanno incassato una fortuna seminando morte. Nella stessa provincia di Caserta hanno boicottato il progetto di un´azienda sicura, ultramoderna, autorizzata dalla Regione, per i rifiuti speciali, si può capire perché. Il sequestro di ville, conti correnti, Jaguar, barche, albergo ha fatto scoprire meglio il giro: i Casalesi hanno avvelenato Giugliano, fanghi tossici e rifiuti pericolosi del centronord. Alleati dei Mallardo, la cosca della zona. Nelle ore dello choc, Giugliano si sente tradita anche dai suoi boss.«Con Gianfranco Mascazzini, direttore generale del ministero dell´Ambiente, c´è un piano di bonifica. È stato lui a dare il quadro: rifiuti tossici in almeno 120 ettari», conferma il sindaco Pianese. «Ed è per questo che ho respinto il tentativo di riaprire Taverna del ferro. Con cortesia ho fermato il cortese prefetto De Gennaro. Ma con durezza, il generale Giannini, che voleva imporre. I miei cittadini non sono suoi soldati. E ho troncato il discorso». Coinvolge il nuovo segretario generale, Rossella Grasso, in questa crociata del no. Finge di domandare: «Si può ancora tollerare questa aggressione? La Sanità mondiale documenta malformazioni e tumori quasi tutti alla tiroide. Bisogna studiare anche un piano di bonifica e di ristoro». I cinque assessori esterni gli saranno vicini: Antonio Panico, vice sindaco, magistrato di vertice passato dal civile al penale, il collega Antonio Ferone del Tar, Marcello Postiglione, Mario Delfino, Roberto Castellaccio.Il pentito rivela che nel 1988 «la discarica in località Schiavi era già di fatto esaurita, quando in Regione fu approvato il progetto di smaltimento. Fruendo di quella autorizzazione, non essendo specificate le particelle, sfruttammo all´infinito quel sito». Per almeno 18 anni, Vassallo ha gonfiato di bidoni tossici la discarica sua ("Novambiente") ma avverte: «Con l´espediente delle autorizzazioni, tutte le discariche campane hanno smaltito in modo abusivo sfruttando autorizzazioni meramente cartolari». Così la Campania è diventata una fogna: tutto sembrava in regola, fatture e timbri, nell´ottuso o complice silenzio di chi doveva vigilare. È lo schema raccontato dal film "Gomorra".Cittadini spaventati. «La camorra ci ha ucciso senza sparare, è la causa delle nostre gravi malattie», la rabbia alimenta la psicosi. Amarezza anche tra i 220 di Napoli 1. Giovanni Panico, presidente dal 2005, si ribella: «Sembra che qui sia tutto da chiudere perché siamo camorristi. Si rischia di eliminare chi fa bene il proprio dovere». Dalla sua nomina sono finiti i traffici. Il racconto di Vassallo si ferma al 2005. E Na1 sta bonificando le discariche, la Schiavi fra queste. Proprio accanto a Novambiente. «Ripristino ambientale con le nostre forze, captazione di biogas con la nostra Gesen». Il consorzio è in piena area Asi, dove imprenditori di Giugliano sono incappati in un pessimo affare: rifiuti tossici interrati nei suoli acquistati per capannoni. Tutto fermo. Vi sarebbero anche dei camion. «I Comuni ebbero a negoziare con me lo smaltimento dei rifiuti», riferisce il pentito, allargando lo spettro di complici e responsabilità. Come esempio, indica «i rifiuti dell´Acna di Cengio nella mia discarica. Una volta, venti bilici per circa 6.000 quintali». Anche le concerie di Santa Croce dalla Toscana hanno inondato Giugliano di veleni.Vito Amendolara, direttore regionale di Coldiretti, rilancia le sue denunce. «È un disastro terribile. Giugliano è tra i primi poli agricoli, con tremila aziende e diecimila braccianti. Abbiamo ottenuto che la Regione stanziasse non più 70 milioni ma 800. Bonifica urgente, quindi». Ciliegie, pesche, melannurca, ortofrutta di qualità. Un tesoro da salvare, promette. E dove non è possibile? «Operazione No Food» Coltivare quindi prodotti che non si mangiano. Fiori, solo fiori dove la camorra «uccideva senza sparare».
(13 giugno 2008)
La storia dei traffici illeciti dal Nord al Sud è documentata dagli attidelle Commissioni e fu denunciata nel 1995 da manager e parlamentari
"Bolle false e finti trattamenticosì camuffiamo i veleni"
Parla un broker della monnezza: questa truffa è nota a tuttidi CARLO BONINI
"Bolle false e finti trattamenticosì camuffiamo i veleni"'
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Ci sono ancora tonnellate di rifiuti nelle strade di Napoli
ROMA - "Il presidente della Repubblica ha ragione. La Campania è stata per molti anni la pattumiera del nord. E dico anche, mi scuseranno i napoletani, che come questo sia stato possibile è ormai il segreto di Pulcinella". L'uomo ha l'accento marcato delle valli lombarde. Ha meno di 40 anni e da più di 15 sposta e spinge rifiuti da un estremo all'altro del Paese. Chiede l'anonimato, perché qualche problema di giustizia lo ha già avuto e non intende averne altri. Perché di "monnezza", pericolosa o innocua che sia, speciale o meno che sia, ci campa. Gli imprenditori come lui li chiamano "broker". Intermediano tra il rifiuto che caricano e la discarica in cui lo sversano. Al committente, pubblico o privato, offrono un servizio chiavi in mano: trasporto, conferimento e smaltimento. Formalmente, "clean", pulito, proprio come vuole la battuta di Toni Servillo nel film "Gomorra". Ma che lo sia davvero, "clean", questo dipende solo da loro. Perché l'industriale che firma per lo smaltimento di fanghi, vernici, acidi o altri residui di lavorazioni tossiche non vuole e non deve sapere che fine quei rifiuti faranno. Perché non vuole e non deve portarne la responsabilità per eventuali danni alle persone e all'ambiente. Dal sistema ci guadagnano o quantomeno ci hanno guadagnato tutti i protagonisti del ciclo. L'imprenditore che dimezza il costo di smaltimento. Il broker che ricarica sui costi fino al cinquanta per cento. La discarica non autorizzata che interra i veleni. Di aziende di "intermediazione rifiuti" in Italia ce ne sono almeno un migliaio. "Di fatto - spiega il nostro broker lombardo - parliamo sempre delle stesse cinquanta persone cui quelle società, in un modo o in un altro, fanno capo". La storia dei traffici illeciti di rifiuti nord-sud documentata dagli atti parlamentari delle diverse commissioni di inchiesta è quella di indagini a loro modo esemplari come "Re Mida" o "Eldorado". E' quella che, a partire dal 1995, denunciarono con forza e nel completo disinteresse parlamentari come Massimo Scalia (presidente della prima commissione di inchiesta sui rifiuti) e quindi manager coraggiosi come Roberto Cetera e Lorenzo Miracle di "Ecolog" (la società del gruppo Fs che in sette anni di emergenza ha smaltito circa due milioni di tonnellate di rifiuti in Germania), oggi costretti agli arresti domiciliari dall'accusa della procura di Napoli di aver commesso ciò contro cui hanno pubblicamente combattuto in solitudine per anni (traffico illecito di rifiuti), a cominciare dalla denuncia del ruolo opaco dei centri di stoccaggio e trasformazione umbri, per finire alle società di trasporti campane.


Il broker lombardo sorride. "Il Sistema del traffico illecito dei rifiuti ha sempre camminato su due gambe. Il trasporto su gomma e l'intermediazione fasulla dei centri di stoccaggio e trasformazione. Da questo punto di vista, ovviamente i treni per la Germania sono sempre stati visti come fumo negli occhi. Detto questo, il Sistema non ha funzionato sempre nello stesso modo. E' andato affinandosi con il tempo. Cambiavano le leggi in senso restrittivo, si trovavano nuovi mezzi per aggirarle". In principio - correvano i primi anni '90 - fu davvero "l'età dell'oro". Nessun controllo, libera circolazione dei mezzi lungo l'Autosole. "Per un chilo di rifiuti tossici, l'industriale del nord arrivava a pagare anche 600 lire. Il costo effettivo per lo smaltimento nelle discariche campane era tra le 20 e le 30 lire. L'utile, dunque, di circa il 90 per cento". A Pianura finirono i fanghi venefici dell'Acna di Cengio e Dio solo sa cos'altro, se è vero come è vero, racconta l'uomo, che "in una discarica di Giugliano venivano interrati direttamente i cassoni dei camion che arrivavano dalla Lombardia, dal Veneto, dal Piemonte". Poi venne approvato il decreto Ronchi, cominciò l'emergenza campana e le cose, almeno apparentemente, si complicarono. Ai rifiuti (quale che ne fosse la natura) venne attribuito un codice di identificazione che avrebbe dovuto consentire di tracciarne il percorso dalla sorgente alla foce. Per impedire ai committenti di dichiarare in partenza rifiuti diversi da quelli che venivano caricati e alla discarica di accettare monnezza per la quale non era autorizzata allo smaltimento. Il Sistema si adeguò. "I trucchi erano e restano a tutt'oggi due. Il primo si chiama "girobolla". Il secondo, che ne è una variante, è lo "scarico di conferimento"". Il girobolla funziona come il gioco delle tre carte. "Il rifiuto pericoloso esce dalla fabbrica del nord con un codice e una destinazione finale. Diciamo in Campania. Lungo la strada si ferma almeno due o tre volte in altrettanti impianti di stoccaggio e trasformazione, che sono per lo più concentrati tra Toscana e Umbria. In questi centri, al trasportatore viene consegnata una nuova bolla di accompagnamento che non è più quella originaria, ma un documento di trasporto che certifica, in modo falso, che il carico di rifiuti è stato trattato e trasformato in innocuo materiale di recupero. In realtà, l'immondizia non è mai scesa dal camion. Ma quando arriva in discarica può essere accolta perché risulta essere altro da ciò che è". L'industriale a monte è libero da ogni sospetto o seccatura perché avrà da mostrare un documento che attesta il trattamento intermedio di quei rifiuti e per la stessa ragione lo saranno il broker e la discarica che quei rifiuti ha interrato. Lo "scarico di conferimento" è ancora più semplice. Nel centro di stoccaggio e trasformazione il carico di rifiuti cambia di mano. "Il camion che ha fatto la prima tratta se ne torna indietro e la responsabilità dello smaltimento diventa del centro di stoccaggio. A questo punto arrivano i camion dal sud. Caricano e sversano dove solo loro sanno. In Campania o anche in regioni limitrofe". Il finto declassamento dei rifiuti o il loro passaggio di mano rendono di fatto irrintracciabile la reale origine del carico e la sua effettiva destinazione. Fanno da diga tra chi i veleni li produce e chi li interra. Dice l'uomo: "Faccio un esempio per far capire come andassero le cose ancora nel 2003. Milano era in piena emergenza e l'Amsa conferiva i suoi rifiuti solidi urbani, dunque non nocivi, in Campania, dove però era scoppiata a sua volta l'emergenza. A Napoli, l'allora commissario straordinario vietò l'importazione di rifiuti da altre regioni, ma con il meccanismo del conferimento dei rifiuti a centri di stoccaggio intermedi i rifiuti milanesi continuarono ad affluire nella discarica di Trentola Ducenta, in provincia di Caserta". Tutti sapevano. Tutti sanno. Compresi, evidentemente, chi i carichi velenosi li trasporta. "Loro sono davvero le ultime ruote del carro. Lo fanno per mangiare. I camion fanno una prima tratta da sud a nord trasportando merci regolari e per non tornare indietro vuoti caricano immondizia. Quale che sia". Del resto, i controlli lungo il tragitto pare non spaventino proprio nessuno. "Un conto è essere bloccati dalla Forestale o dai carabinieri del Nucleo di tutela ambientale. Ma questo succede soltanto quando si è finiti in un'indagine, magari si è stati intercettati e si sa quale è il camion da fermare. Un altro conto è essere controllati dalla polizia stradale. Il camion viaggia chiuso e se i pesi sono rispettati e le bolle di accompagnamento sono a posto, nessuno andrà ad aprire i cassoni per vedere se davvero ciò che c'è dentro è o meno materiale nocivo. E il gioco è fatto". (6 giugno 2008)
Federalismo della mondezza: perché no?
Renzo Butazzi, 06 giugno 2008, 11:40
Riso amaro Il Nord potrebbe pagare lui stesso il costo del trasporto dei rifiuti dalla Campania in Germania, invece di farlo gravare sul bilancio comune. E si potrebbe pensare anche all'ipotesi che ciascuna regione si tenga la sua spazzatura
Il Presidente della Repubblica ha avuto il grande merito di portare alla luce, con la sua autorevolezza, un'abitudine vergognosa di cui si è parlato spesso: quella di trasportare rifiuti pericolosi dal Nord per smaltirli illegalmente al Sud (o per strada).Proprio in questi giorni un amico mi ha raccontato che una ventina di anni fa, nell'officina in cui lavorava, vicino all'uscita autostradale di Valdichiana (Siena), si era fermato un grosso camion, con il cassone ben chiuso, che perdeva acqua dal radiatore. Veniva da Milano e andava a Napoli, e l'amico chiese all'autista cosa portasse a Napoli: "immondizia", rispose l'autista. Secondo il mio amico capitava anche che qualche camionista partisse da questa zona per andare al Nord, caricare rifiuti e portarli al Sud.Quante riflessioni amare su noi stessi suscita questa lunga vicenda.
Tra un Nord che invia i rifiuti tossici al Sud per pagare meno lo smaltimento arricchendo la Camorra, e un Sud camorrista che li accoglie e nasconde per lucrare sullo smaltimento illegale, chi è più furfante? Perché il Nord -così onesto, efficiente, produttore di ricchezza e benessere - non propone di pagare lui stesso il costo del trasporto dei rifiuti dalla Campania in Germania, invece di farlo gravare sul bilancio comune? Oppure perché non chiede di riprendersi direttamente una percentuale di rifiuti almeno pari a quelli mandati oltre Roma?
Sarebbe il momento che la Lega Nord, tanto desiderosa di federalismo fiscale, dicesse qualcosa anche a favore del federalismo della monnezza: ogni regione -compresa la mitica Padania - si impegna a tenersi la propria spazzatura.
Quando venne fatta l'autostrada A1 Milano-Napoli i suoi sostenitori affermavano che con essa l'Italia sarebbe divenuta più corta e sarebbe stato più facile per le aziende del Nord investire e produrre anche al Sud. In realtà è servita soprattutto per inviare al Sud più facilmente ciò che le aziende producevano al Nord, compresa la loro peggiore immondizia.
Il due giugno, per curiosità, ho seguito alla TV una parte della sfilata militare a Roma. Ma quale realtà si nasconde dietro tanta marzialità, tanta retorica, tante autorità civili e militari, cosi impeccabili nei loro abiti da matrimonio e nelle divise con i medaglieri luccicanti?
L'Italia, oggi, è una Repubblica fondata sull'immondizia, oltre che sul lavoro?

Così il Nord inquina il SudLa mappa dei traffici illegali
Dopo la denuncia di Napolitano, basta seguire il filo delle inchieste per scoprire i mille rivoli atraverso cui, negli anni, la malavita e aziende con pochi scrupoli hanno trasportato al Sud tonnellate di rifiuti tossici prodotti nelle regioni settentrionali

L'ultima l'inchiesta si chiama "Eco boss" e ha portato, due mesi fa, all'arresto di un presunto boss dei Casalesi, al sequestro di aziende attive nel settore dei rifiuti e di terreni a destinazione agricola dove per anni è stato seppellito materiale proveniente dal nord Italia. Ma bisogna risalire indietro nel tempo per scoprire le vie del traffico illegale di rifiiuti tossici dal Nord verso il Sud dell'Italia.Diciassette anni fa l'autista di camion Mario Tamburrino, si presentò in ospedale dicendo di aver subito un fortissimo abbassamento della vista dopo aver scaricato alcuni bidoni di scorie tossiche provenienti dalla ditta Ecomovil di Cuneo in una discarica di Sant'Anastasia. Dopo le parole di Napolitano, basta seguire il filo delle inchieste per scoprire che tra i veleni di Napoli non mancano i "contributi"di aziende del Settetrione, ECOBOSS L'inchiesta Ecoboss, ad esempio, si basa su alcune intercettazioni risalenti a diversi anni fa e su recenti rivelazioni del pentito Domenico Bidognetti, cugino del boss Cicciotto è Mezzanotte. Per non sostenere il costo del regolare smaltimento dei rifiuti - sostiene l'accusa dei pm di Napoli - l'organizzazione ha simulato nel tempo attività di compostaggio in realtà mai effettuate, smaltendo invece abusivamente, su terreni agricoli rifiuti costituiti, tra l'altro, da fanghi di depurazione provenienti in gran parte da aziende della Lombardia, per un quantitativo di oltre 8.000 tonnellate di rifiuti ed un guadagno di circa 400mila euro. Dagli atti dell'inchiesta emerge che da dicembre 2002 a febbraio 2003 l'impianto "Rfg srl" (uno di quelli sequestrati, ndr) ha 'giratò in una cava del casertano circa 6mila tonnellate di rifiuti urbani provenienti dal consorzio "Milano Pulita". Lo racconta Elio Roma (il gestore della Rfg, indagato nell'inchiesta, ndr): "ricordo che nel dicembre 2002 Cardiello (un intermediario, ndr) mi propose di ricevere il materiale dal consorzio Milano Pulita. Fu per questo che effettuammo alcuni viaggi e scaricammo nel mio impianto. Poichè non mi convinceva l'odore del materiale dissi a Cardiello di bloccare i conferimenti ma lui mi pregò di ricevere i materiali dicendo che 'aveva degli impegni da rispettarè. Io gli dissi chiaramente che non potevo perchè il materiale puzzava e la gente del paese si sarebbe ribellata". Ma anche le cave di Pianura, dove a gennaio scoppiò la rivolta, hanno un legame con il Nord. L'inchiesta è affidata al pm Stefania Buda che dal racconto di alcuni testimoni ha scoperto che almeno dal 1987 al 1994 nella discarica sono finite centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti ospedalieri, fanghi speciali, polveri di amianto, residui di verniciatura, alimenti avariati o scaduti provenienti, tra l'altro da aziende presenti in alcuni comuni del torinese (Chivasso, Robossomero, Orbassano), del milanese (San Giuliano Milanese, Opera, Cuzzago di Premosello, Riva di Parabbiago, del pavese (Parona) e del bolognese (Pianoro). E sempre a Pianura sarebbero i rifiuti dell'Acna di Cengio. RE MIDA L'inchiesta "Re Mida" ha accertato che dal novembre 2002 al maggio 2003 sarebbero arrivati in Campania dal centro nord 40mila tonnellate di rifiuti, tra cui oli minerali derivati dalla lavorazione di idrocarburi, Pcb (pliclorofenili), fanghi industriali. ADELPHI L'operazione "Adhelphi" nel '93 portò invece alla luce gli intrecci tra camorra e politica anche per quanto riguarda il controllo delle discariche: furono emesse 116 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di esponenti della malavita, amministratori e imprenditori. I PENTITI Anche i pentiti hanno detto la loro sulla provenienza dei rifiuti. E non si tratta di pentiti qualunque: nell'inchiesta 'Spartacus', Carmine Schiavone, il cugino di Francesco "Sandokan" Schiavone, mise a verbale: "la camorra ha riempito gli scavi realizzati per la costruzione della superstrada Nola-Villa Literno sostituendo il terriccio con tonnellate di rifiuti trasportati da tutta Italia".
venerdì, 6 giugno 2008

Thursday, May 15, 2008

da la gazzetta d' alba, c. olocco: rifiuti da acna a campania

http://www.sanpaolo.org/gazzetta/0813ga/0813ga04.htm#1


MONESIGLIO - Documenti aziendali confermano lo smaltimento dei rifiuti in Campania e in varie altre parti d’Italia
Acna-Pianura: solo andata
di CORRADO OLOCCO
Nel 1990, 10 mila tonnellate di fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue dei processi produttivi dell’Acna raggiunsero la discarica di Pianura, in Campania. I materiali usati nel processo produttivo erano naftalina, benzolo, soda caustica, acido solforico e ammoniaca. Lo confermano alcuni documenti custoditi presso il centro di documentazione "Patrizio Fadda", a Monesiglio, realizzato e gestito dall’associazione Valbormida viva. I rifiuti finiti in Campania sono quindi di più di quanti ipotizzò la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti in alcune audizioni del 1997 e del 2000, nelle quali si parlò di 1.000 tonnellate. Sono però anche meno delle 800 mila tonnellate citate dalla Regione Piemonte all’inizio di quest’anno.
Un documento del 27 novembre 1989, descrive quantità e tipo di rifiuti da trasportare in Campania. Si trattava, tecnicamente, di "rifiuti speciali" (descritti come «solidofangosi, di colore marrone scuro, con odore leggero di materiale in fermentazione»). Secondo il documento erano previsti conferimenti giornalieri. Dunque, in quel periodo, ogni giorno un camion partiva da Cengio diretto nel napoletano carico di fusti contenenti rifiuti speciali. La bolla di accompagnamento del 20 aprile 1990 che riproduciamo sopra parla di un carico netto di 27,220 tonnellate di "fanghi biologici primari e secondari inerti". Eloquente la causale del trasporto: smaltimento finale. Uno dei tanti viaggi di sola andata dalla fabbrica di Cengio alla discarica diventata "famosa" nei mesi scorsi con l’emergenza rifiuti in Campania.
La bolla di accompagnamento di un camion che il 24 aprile 1990partì dall’Acna per raggiungere la discarica di Pianuracon un carico di 27.220 chilogrammi di rifiuti speciali.
Un quadro completo di dove andarono a finire nel 1989 i rifiuti Acna emerge invece da una tabella allegata a un documento del gruppo consiliare dei Verdi alla Regione Liguria, datato 25 marzo 1991. La quantità complessiva di rifiuti smaltiti nel 1989 dall’Acna fu di 66.860 tonnellate. La maggior parte (65.797 tonnellate) è rappresentata da rifiuti speciali, ossia gessi industriali, fanghi biologici, ossidi di ferro, residui carboniosi e oli esausti. Ci sono poi 1.021 tonnellate di rifiuti speciali assimilabili agli urbani e 42 di rifiuti tossici e nocivi. Questi ultimi finirono nell’inceneritore dell’azienda francese Solamat, a Rognac, presso Marsiglia. Quelli assimilabili agli urbani vennero trasportati in discariche a Bene Vagienna, Vergiate (Varese), Fossò (Venezia) e Vighizzolo di Montichiari (Brescia). I rifiuti speciali furono invece smaltiti in discariche a Cividale del Friuli (Udine), Verretto (Pavia), Torrazza Piemonte (Torino) e Giuliano (Napoli) o negli impianti di trattamento di Broni (Pavia), Orbassano (Torino) e Robilante, nel cuneese.
La questione dello smaltimento dei rifiuti Acna in Italia e all’estero (nel 1987 ne furono trovati nel porto di Sulima, in Romania) venne già sollevata all’inizio degli anni ’90 da Renzo Fontana sul periodico Valle Bormida pulita. Al Centro di documentazione di Monesiglio c’è la copia di una lettera inviata nel 1993 dal compianto giornalista di Gorzegno alla redazione del programma Zona franca, nella quale si parla del periodo 1988-89, quando l’Acna, scriveva Fontana, portò 53 mila tonnellate di rifiuti a Pavia, 33 mila a Torrazza Piemonte e oltre 20 mila a Napoli. Nel 1991 e nel 1992 Fontana segnalò il caso anche al programma di Michele Santoro Samarcanda, ma non ebbe risposta.
Corrado Olocco

Grazie a "Valbormida viva"

Un doveroso ringraziamento va rivolto al presidente dell’associazione Valbormida viva di Saliceto, Ilvo Barbiero, e al direttore del Centro di documentazione sul caso Acna, Marcellino Bertola, che ci hanno permesso di consultare i documenti citati nell’articolo.

Thursday, February 07, 2008

da ivg: nuove strade, anche viadotto sull' acna con vista su sarcofago

http://www.ivg.it/2008/01/29/aree-acna-il-commissario-ok-la-bonifica-ora-la-viabilita-e-il-riutilizzo-delle-aree/

Aree Acna, il commissario: “ok la bonifica, ora la viabilità e il riutilizzo delle aree”
29 Gennaio 2008 @ 17:31

Savona. “Siamo ormai in dirittura d’arrivo per completare la fase della bonifica, per il 30 giugno è stata prevista la proroga di due o tre mesi al massimo per la consegna delle aree”. Così il commissario delegato ed ex Prefetto di Genova Giuseppe Romano a margine della presentazione a Palazzo Nervi, sede della Provincia, dello studio di fattbilità per il nuovo sistema di comunicazioni stradali di accesso alle ex aree dell’Acna di Cengio. Lo studio, dopo un bando pubblico di gara, è stato commissionato al raggruppamento temporaneo di impresa Progetti Europa & Global S.p.a., e Sollers Studio Associati Ingegnerie. Sette le opzioni infrastrutturali che verranno prese in esame, assieme a Regione, Provincia, Comunità Montana e sindaci del territorio, in particolare i comuni di Cengio e Saliceto. Il nuovo sistema viario collegherà le aree ex Acna di Cengio con il casello autostradale di Millesimo dell’A6, e sarà un opera fondamentale anche per tutto il comprensorio valbormidese.
“Nell’ordinanza sulle aree Acna sono previsti dei poteri straordinari al commissario, tra cui incentivare le misure idonee per promuvere questo sito: questo studio di fattibilità va proprio in questa direzione; un sito così ampio con risorse ingenti utilizzate per la bonifica credo abbia bisogno di infratrutture per un suo effettivo rilancio”, afferma l’assessore all’ambiente e delegato Acna per la Provincia di Savona Enrico Paliotto.decisivo per permettere l’insediamento di realtà produttive, ecocompatibili ovviamente, adatte e non ripetere i disastri ambientali del passato”.E a chi tra la popolazione locale sostiene che nonostante l’attività di bonifica le sostanze tossiche rimarranno comunque, il commissario Romano risponde: “il progetto originale prevede che le sostanze più nocive vengano smaltite e pompate nella cosiddetta area 1 che risulta al momento sotto controllo”.

la storia è riscritta dai liguri: l' acna ha chiuso nel luglio 1988 dopo il concerto di tito schipa junior: i 3 giorni di manifestazione continua hann

a storia è riscritta dai liguri: l' acna ha chiuso nel luglio 1988 dopo il concerto di tito schipa junior: i 3 giorni di manifestazione continua hanno pagato!!!!
Abolito il secondo tempo de il fiume rubato!!!
Niente più rifiuti a cengio, tutti a pianura.

Leggete qui: da sanremo news eppure a sanremo c'è stata una manifestazione dopo la chiusura per cos'era'


http://www.sanremonews.it:80/it/internal.php?news_code=55479


Questione rifiuti:per Bonello solidarietà e soluzioni rapide
A stretto giro di posta, alle dichiarazioni di Alessio Saso (AN) sul recente Consiglio regionale interamente dedicato all’emergenza rifiuti, seguono le considerazioni di Franco Bonello, Presidente del Gruppo "Unione a Sinistra - Sinistra europea".Bonello ha espresso la propria solidarietà ai cittadini campani che hanno manifestato contro la riapertura della discarica di Pianura, probabilmente l’emblema della spinosa vicenda: "Pianura va assolutamente messa in sicurezza, isolata e bonificata. Non bisogna muovere una sola zolla del suo terreno, per non alterare gli equilibri di ciò che c'è sotto”. Bonello ha altresì richiamato la questione dell’Acna di Cengio: sita in Val Bormida, in provincia di Savona, fu chiusa nel 1988 dopo avere liberato una nube tossica di anidride solforosa, e per questo motivo un milione di tonnellate di rifiuti tossici destinati a Cengio sono poi confluiti a Pianura.Per Bonello l’esigenza di risolvere i disagi dei cittadini campani viene prima del confronto politico e del giudizio politico sugli amministratori pubblici di centrodestra e di centrosinistra: “E' necessario contribuire, seppur in minima parte, a risolvere il problema dell'emergenza rifiuti a Napoli e in Campania, per far sì che a pagare, in termini di salute, non siano sempre i cittadini”.Solidarietà nel breve, quindi, ma quali le soluzioni per il lungo periodo? “Aumentare la raccolta differenziata, pur considerando l’aumento tendenziale del 2-3% annuo: se nel 2006 la Liguria ha avuto una raccolta differenziata del 20%, si può ragionevolmente supporre che il 50% verrà raggiunto non prima del 2017. Si impongono quindi soluzioni rapide, per evitare che nella nostra regione accada ciò che è successo in Campania”.
Guido Sintoni
Giovedì 31 Gennaio 2008 ore 18:36

Wednesday, January 30, 2008

da il pane e le rose: rifiuti acna in campania

link:
http://www.pane-rose.it:80/files/index.php?c3:o10997


testo:

Prime approssimazioni sulla lotta contro la gestione dei rifiuti in Campania
(30 gennaio 2008)
La decisione del governo Prodi di nominare il responsabile del massacro di Genova, De Gennaro, a supercommissario per l’emergenza rifiuti in Campania è il chiaro segnale che ciò che si vuole togliere dalle strade (come persino Boselli denunciava) non sono le tonnellate di rifiuti ma le barricate ed i presidi di chi in questi giorni si sta opponendo all’ennesimo attentato alla propria salute. Si conferma così una prassi oramai consolidata: lo Stato che, a sentire la martellante propaganda ufficiale, dovrebbe essere espressione e al servizio dei cittadini, sempre più si contrappone alle loro richieste per imporre con la forza le soluzioni che servono solo ad assicurare la sete dei profitti di chi realmente e materialmente controlla questo stesso Stato, per affrontare sul terreno dell’ordine pubblico, della repressione poliziesca e giudiziaria, chi si ribella alle conseguenze di queste scellerate politiche. La nomina è stata approvata in maniera unanime dalla destra e dalla maggioranza di governo, compresa la cosiddetta “sinistra radicale”, la stessa che con il governatore Bassolino ha condiviso, senza battere ciglio, l’operato sia di Bertolaso sia di Pansa fino alla decisione di riaprire la discarica di Pianura. Sull’azione di vero e proprio pompieraggio di questi soggetti ed in particolare di Sodano (Rifondazione) torneremo più avanti. Le comode narrazioni dei media Vogliamo subito partire, invece, dagli episodi di Pianura su cui si è concentrata l’attenzione, per motivi diametralmente opposti, sia dei mass-media sia di settori di movimento e/o di singoli compagni per la rilevanza assunta da questa lotta. E’ infatti a fronte di quegli episodi che la nomina del superpoliziotto, dotato del potere di utilizzare persino l’esercito, è stata giustamente percepita come la volontà di normalizzare tutte le comunità resistenti sul territorio campano. Dovendo criminalizzare la protesta e preparare più esplicitamente il consenso alla repressione, i mass media e le forze politiche sono andati ben oltre la riproposizione delle accuse rivolte alle altre comunità resistenti in tutta Italia, come la No TAV. Non solo si tratterebbe di cittadini “egoisti”, affetti dal virus del NIMBY, ma di una vera e propria “vandea reazionaria”, “infiltrati della camorra”, “teppisti ultràs” e non ultimi “attivisti no global”. Quello della camorra è l’argomentazione principe che si sta usando per delegittimare la lotta di Pianura così come già era successo per i cittadini di Giugliano che chiedevano la chiusura di Taverna del Re, mostruoso ed inimmaginabile sito di stoccaggio delle ecoballe (cioè immondizia impacchettata tal quale, a cui il pudico quanto ipocrita nome assegnato non riesce a cambiare la sua puzza e tossicità). Stranamente la camorra viene chiamata in causa sempre nei momenti più opportuni e, come a non voler deludere i fan di una certa cinematografia tipo “Napoli chiama, la polizia risponde”, viene presentata plebea, violenta, prevaricatrice, involuta, una escrescenza esterna e soffocante la società. Insomma nulla a che vedere con quel fenomeno ultramoderno che è la vera camorra, quella che, pienamente globalizzata, fa fatturati da capogiro nell’economia illegale come in quella “legale”, la cui presenza nei “palazzi” e nelle leve del comando, è stata ripetutamente segnalata dalla stessa magistratura. Questa, infatti, non c’è stata mai raccontata in questi lunghi anni di gestione bassoliniana durante i quali, anzi, è sembrata sparire come per incanto insieme alle dotte analisi che avevano caratterizzato la sinistra degli anni precedenti. Consigli comunali sciolti per infiltrazioni camorristiche (solo tra il ’93 e il ‘97 sono stati 40), diverse caserme di carabinieri e di polizia messe sotto accusa (la Campania detiene, da anni, il primato per numero di esponenti di forze dell’ordine inquisiti per fatti di camorra e di acclarata concussione con le corruttele istituzionali), interi vertici di ASL inquisiti, pressioni elettorali, trasmigrazioni di uomini politici non proprio cristallini dalle fila della Casa delle Libertà a quelli dell’Unione, imprese chiacchierate che hanno continuato a vincere appalti: tutto ciò è trapelato in qualche trafiletto dei giornali locali mentre sulle prime pagine si batteva la grancassa sul cosiddetto rinascimento napoletano, grande operazione mediatica di accreditamento nazionale ed internazionale dell’amministrazione Bassolino, con cui si è oscurata la cruda realtà di una città e di una regione in balia, più di prima, dei comitati d’affari politico-istituzionali/imprenditoriali/camorristici. Una camorra che proprio sulla emergenza rifiuti, artatamente provocata con il contributo di politici ed imprenditori, in questi quindici anni ha fatto profitti d’oro, attraverso lo smaltimento di rifiuti legali ed illegali, attraverso la messa a disposizione di cave, terreni e aziende con le proprie strutture da essa controllati. Come dicevamo il volto violento della camorra viene evocato, guarda caso, in certe situazioni di mobilitazione sfidando ogni buon senso. Perché, a Pianura la camorra dovrebbe opporsi alla riapertura della discarica dal momento che la sua gestione e il minor controllo conseguente alla legalità della discarica stessa le consentirebbe di continuare a fare profitti con il trasporto, lo sversamento di rifiuti tossici, la “sistemazione” di soggetti a lei graditi? E, infatti, non si oppone. A dirlo è lo stesso Ministro Amato che ha escluso qualsiasi infiltrazioni camorristica. Ma si sa che anche di fronte all’evidenza sono più forti le ragioni della criminalizzazione della protesta (mentre scriviamo si sta diffondendo la nuova bufala secondo cui sarebbero stati pagati), così che non solo si continua con questo refrain ma si punta l’indice anche su frange violente di ultras e sugli estremisti, di sinistra of course. Un mix che giustificherebbe la militarizzazione della regione. Sugli estremisti è addirittura apparso su Il Mattino di Napoli del 14/01 un bizzarro teorema: i no global si opporrebbero alle discariche, farebbero barricate ed aggredirebbero anche i vigili del fuoco, non per difendere territorio e salute da altri scempi ma per pura vendetta contro De Gennaro, responsabile di quanto accaduto a Genova; il suo fallimento sarebbe lo scalpo da portare a casa. Ci sarebbe da incazzarsi molto ma, poiché anche del più idiota gli estremisti sanno cogliere una certa “originalità”, la Rete campana si è limitata ad inviare una replica a Il Mattino e all’idiota, Raffaele Indolfi. Niente affatto originale, invece, la stereotipizzazione della rivolta di settori di cittadini di Pianura. Si tratterebbe, appunto, di frange violente di tifosi, teppisti vicini alla destra, estranei e marginali rispetto alla gente del quartiere tenuta in ostaggio dalle loro barricate e le loro minacce. Una fraseologia che ricorda molto quella usata in Francia per la rivolta delle banlieu ed, esattamente come già accaduto in Francia, è usata in egual modo a destra come a sinistra. Di più. Se per le banlieu qualche radical nostrano si era lanciato in analisi sociologiche “giustificatorie”, nel caso di Pianura, ma possiamo aggiungere anche della rivolta sarda contro le navi di mondezza campana, si dà per scontato che si ha a che fare solo con criminogena plebaglia. e la cruda realtà dei fatti L’obiettivo, vecchio come il cucco, è quello di provare ad incrinare un fronte che rivendica la sua unitarietà seppure nelle differenti espressioni della rivolta. Per la prima volta, infatti, abbiamo assistito ad una solidarietà diffusa ed al riconoscere come legittime, se non addirittura come proprie anche da coloro che non vi partecipano direttamente o non si mobilitano affatto, le azioni meno pacifiche portate avanti da queste “frange”. I blocchi dei dimostranti, che hanno isolato il quartiere dal resto della città, non hanno visto attive reazioni contrarie alla protesta; viceversa hanno suscitato una diffusa indignazione le forze dell’ordine, l’ingente schieramento di mezzi e gli interventi repressivi. La ragione, ovviamente, sta nella condivisione da parte di tutta la popolazione della rabbia che quei giovani vanno esprimendo. Una rabbia che viene dall’ennesimo schiaffo ad un quartiere che per oltre 40 anni è stato la pattumiera non solo di Napoli e della Campania ma del Nord Italia (ad es. secondo Nicola de Ruggiero, assessore all'ambiente della Regione Piemonte, a Pianura sono arrivate almeno 800 mila tonnellate dei rifiuti dell’Acna di Cengio) e del quale era stata promessa la bonifica e la riqualificazione. Un quartiere cresciuto sulla e intorno alla discarica tra le esalazioni mai sopite dei veleni sversati illegalmente, dove le case provvisorie del dopo terremoto 1980 sono diventate definitive per i deportati dal centro della città, dove i servizi sociali e le fogne sono ancora un sogno al punto che sono state messe sul piatto delle offerte in cambio della disponibilità a ritornare ad essere l’immondezzaio di Napoli, dove la disoccupazione è altissima, dove la presenza della polizia è sinonimo di repressione e arroganza ma anche di corruzione, di mazzette e taglieggiamenti, come emerge troppo spesso dalle cronache. Chi vive qui, come negli altri quartieri degradati della periferia di Napoli, sa di avere meno chance degli altri napoletani (ed è quanto dire!), di essere di serie B; sa che quando arriva nelle zone bene della città è guardato con sospetto al punto che qualche benpensante è arrivato a chiedere la chiusura serale della metropolitana per impedirne la circolazione in quartieri come il Vomero. Sono “cafoni” e “plebaglia” da emarginare persino nel mondo dei tifosi. E se la vita è un calcio nel sedere non ci si può meravigliare che si danno calci a chi di quella vita è il responsabile e se ne colpiscono i simboli ed i servi. Stanno tutte qui le ragioni dei roghi, delle barricate, degli assalti. In tal senso sono quanto mai esplicative le interviste uscite in questi giorni ai partecipanti agli scontri di Pianura. Un rappresentante del gruppo “Guerriglia urbana” (una delle tante sigle emerse), intervistato da Repubblica Radio TV, sintetizzava così: “noi abbiamo un ideale: vivere, violenza, aggregazione, disgregazione dello stato di merda, per difendere la cittadinanza, per aiutare, solidarietà….Non abbiamo l’illuminazione, non abbiamo un corno e di nuovo la pattumiera d’Italia, perché il Nord che ha scaricato in queste zone per anni non si può assumere un po’ di questa immondizia e trovare siti alternativi?..”. Un altro giovane (Corriere del Mezzogiorno del 10/01/08): “queste per noi sono giornate fantastiche, perché abbiamo un ruolo, ci sentiamo rispettati….Non ci manda nessuno, non obbediamo agli ordini di nessuno. A Pianura ci sono le guardie, e gli sbirri sono nemici. ….E’ sempre la stessa storia. Le guardie arrivano, ci danno ordini. Qui non obbediamo, siamo liberi”. Non ci vuole la zingara per capire che tra questi giovani ci sono gli ultras, cioè quelli che fanno dello stadio lo sfogatoio della loro rabbia né che ci sono giovani di destra. Come pure è evidente che ci sono piccoli spacciatori e scippatori, cioè quelli che per tirare a campare non hanno alternative e che la camorra, con il controllo del territorio, più che aizzare tiene ben disciplinati per 365 gg l’anno ostacolando qualsivoglia attivizzazione in direzione contraria all’”ordine” presente. I molteplici e diversi fronti di lotta Non siamo, quindi, di fronte agli attivisti duri e puri come piacerebbero a tanti di noi. Ciò nonostante siamo davanti ad una rivolta sentita, fuori dagli schemi percorsi ed agitati dai “professionisti” del movimento che, sorpresi ed impreparati di fronte a quella determinazione, hanno dovuto lavorare più che altrove per legittimare una presenza ed un percorso di lotta e provare a connettere questa resistenza alle altre presenti sul territorio campano. E’ questo il difficile terreno su cui gli attivisti della Rete sono costretti a misurarsi. Tutta la regione è in fibrillazione. Lo scempio di tonnellate di rifiuti, l’emergere a chiari dati della devastazione, l’arroganza di chi ha prodotto questo disastro che in maniera impudente non solo rimane al proprio posto ma rivendica il potere di decidere sulla pelle della popolazione, tutto questo ha determinato una mobilitazione diffusa mai vista prima in Campania. Ovunque ci sono blocchi stradali, comitati che nascono spontaneamente e chiedono di farla finita con l’emergenza. Ma parlare di un’unica vertenza, di un unico sentire, parlare di diffusa consapevolezza della posta in palio, non ci farebbe cogliere pienamente la realtà e nemmeno le difficoltà che dobbiamo realmente affrontare come attivisti per contribuire ad unificare le lotte in corso. Se è vero, infatti, che tutte le mobilitazioni sono dettate dalla esasperazione dovuta all’immondizia nelle strade, diversi sono gli obiettivi che le singole comunità vogliono raggiungere ed è su queste differenze che agisce la propaganda agita dalle istituzioni, dal commissariato e da mass media. In maniera molto schematica potremmo dire che: - nella città di Napoli, fino a poche settimane fa completamente sorda alle altre lotte sui rifiuti, e nell’immediata periferia, le popolazioni vogliono la liberazione delle strade dall’immondizia, vogliono che il servizio che pagano profumatamente con la TARSU (il più caro in Italia) sia efficiente. Che questo significhi aprire discariche vecchie o nuove, che si mandi l’immondizia in Germania o in Sardegna, che si faccia l’inceneritore, è irrilevante. Diversi sono il caso di Pianura che abbiamo descritto sopra ed il caso di Gianturco. Anche qui, secondo De Gennaro, dovrebbe venire un sito di stoccaggio provvisorio di rifiuti tal quale. Circa 10 mila tonnellate depositate nell’area della ex manifattura tabacchi che è nel quartiere a pochi metri dalle abitazioni. Una bomba ecologica inaccettabile per i cittadini di un quartiere già degradato e già oggetto di sversamenti legali (dell’ASIA a via Breccie) e illegali. La presenza nel quartiere del centro sociale Officina 99, i cui compagni sono attivi nella Rete campana, non solo ha portato all’occupazione dell’area dell’ex-manifattura ma sta favorendo la crescita e la mobilitazione di un comitato stabile anche sul progetto di trasformare quell’area in un sito di differenziata. Essendo, tra l’altro, un quartiere cui afferisce gran parte del commercio all’ingrosso cinese, ci si è rivolti, con successo, alla comunità affinché collabori al recupero di imballi portandoli nel sito occupato - nelle zone della periferia metropolitana, già martoriate da anni ed anni di sversamento legale ed illegale, la situazione è più contraddittoria. In questi inferni, piccoli gruppi di compagni e di cittadini da anni si battono contro le discariche o i siti di stoccaggio presenti sul territorio. Nella più totale solitudine, a Giugliano come a Villaricca, si sono battuti per la loro chiusura facendo presidi e sostenendo lo scontro con la polizia con il solo aiuto degli attivisti della Rete campana. Dalle esplosioni di questi giorni ci si sarebbe aspettato un facile connubio con la popolazione, in realtà questi compagni hanno dovuto constatare che ciò che prevale è la rabbia per avere cumuli di immondizia sotto casa pur avendo la discarica a poche centinaia di metri; la richiesta si “limita”, cioè, al diritto a sversare nel proprio territorio e non essere solo la pattumiera della metropoli; non mancano momenti polemici proprio con chi aveva lottato per quelle chiusure. - nei territori individuati, prima da Bertolaso e Pansa e poi da De Gennaro, come nuovi siti di stoccaggio e/o discarica, le comunità hanno difeso e difendono i propri territori dall’inevitabile scempio. Non perché questi siano oasi (anche se molto spesso lo sono dal punto di vista giuridico) incontaminate ma perché l’eventuale sito rappresenterebbe anche la devastazione economica. Non a caso a Chianche (terra di produzione del famoso greco di tufo), a Carabbottoli, a Pignataro, zone di agricoltura, di allevamento bufalino i contadini si sono mobilitati in massa costringendo i loro rappresentanti istituzionali, da sempre conniventi con il sistema di gestione dei rifiuti, a schierarsi contro le decisioni del commissario straordinario. Dove presenti, i compagni sono riusciti ad avere un ruolo sebbene non di direzione e con qualche difficoltà a far passare un ragionamento che andasse oltre la vertenza immediata. La situazione di Montesarchio, nel beneventano, è in evoluzione proprio in questi giorni. La partecipazione cresce ma, trovandoci nel regno di Mastella, peseranno oltre alla mobilitazione messa in campo dalla popolazione anche le vicende politiche ed il rapporto regionale e nazionale con l’UDEUR. - Ancora diverso il caso di Acerra. Lì, come tutti ricordano, avevamo assistito alla scesa in campo di tutta la città contro l’inceneritore. La repressione brutale del 29 agosto 2004 e la frammentazione della soggettività politica interna a quella lotta ha prodotto una fatalistica rassegnazione. Il lavoro fatto dalla Rete negli ultimi mesi ha fatto fare qualche passo in avanti (v. la riuscita manifestazione nazionale tenutavi il mese scorso) con la riattivizzazione di pezzi della cosiddetta “società civile” ma stenta ancora a far ripartire l’ampia partecipazione del passato. Intanto nei pressi di Acerra, a Marigliano individuato come sito di stoccaggio, cominciano a crescere i presidi per impedire la collocazione di 98 mila tonnellate di rifiuti. e le difficoltà di coniugarli in un unico movimento Dicevamo che ciò che accomuna tutte queste realtà è l’esasperazione legata alla contingente massiccia presenza di rifiuti nelle strade e la sfiducia verso l’istituzione regionale, Bassolino in primis. Su questi elementi cerca di insinuarsi la destra. Mai come in questi mesi sono scorazzati per discariche e presidi così tanti neri soggetti -da Storace alla Mussolini per non parlare degli accattoni di AN e FI-; eppure al di là di infuocati manifesti e qualche lista di disoccupati loro affiliata (pronta a contrattare o nella partita della differenziata o nell’ambito dei benefits previsti dallo stesso Commissariato per risarcire i “sacrifici” delle comunità dei territori-discarica) la loro opposizione parolaia non sembra fare proseliti tra chi si mobilita. Più preoccupante, invece, il ruolo svolto dai sindaci. Di destra o di sinistra che siano, questi sono costretti a scendere in campo ed a schierarsi (pena la loro testa) a fianco dei cittadini. Ma questo schieramento è nel 99% dei casi il preludio a compromessi e cedimenti che nel migliore dei casi rispondono alla logica, imperversante, della “riduzione del danno”. E’ quanto avvenuto nei mesi scorsi a Serre dove il primo cittadino, dopo coraggiose denunce e le manganellate che non hanno risparmiato la sua fascia tricolore, ha accettato -contro il parere di una parte dei comitati- il compromesso dell’apertura di Macchia Soprano. Ma ovunque, sia per il ricatto esplicito di commissariamento e taglio dei fondi da parte del Commissariato Straordinario e del governo, sia per collusioni con l’attuale gestione dei rifiuti, i sindaci sono pronti a fare quella che si dice “la loro parte”. Il risultato è l’inevitabile sfiducia che segue ogni mancata vittoria Nel giocare questa partita ciò che appare più vergognoso è il ruolo di quella “sinistra radicale” che ha trovato in Tommaso Sodano (PRC), presidente della Commissione ambiente, il suo pompiere. Senza la sua “mediazione”, la sua lingua biforcuta, sarebbe stato più difficile far ingoiare a Serre come altrove i piani del Commissariato. Il che fa il paio con l’atteggiamento generale di Rifondazione che si è schierata con Bassolino di fronte alle accuse della magistratura, ha accettato l’operato dei vari commissari straordinari ed è arrivata a plaudire la nomina di De Gennaro. E’ evidente, quindi, che per i compagni il lavoro è tutto in salita: smantellare la fiducia in simili soggetti evitando di assecondare il populismo della destra o l’apoliticità ed il qualunquismo anche quando veicolati da soggetti come il Grillo del momento. Nello stesso tempo far emergere una critica generale al sistema, disvelare il groviglio di interessi che sta dietro la gestione dei rifiuti in generale e che in Campania trova la sua devastante esplicitazione per un connubio politico/affaristico/camorristico particolarmente famelico. Ma si tratta anche di connettere le lotte, generalizzarle, non farle disperdere, organizzarle intorno ad una ipotesi altra. Anche questo è un terreno difficile. Intercettando proprio quel sentimento di cui dicevamo: togliere l’immondizia costi quel che costi, il Commissariato, le istituzioni locali e nazionali, i mass-media hanno avviato un’intensa campagna pro-inceneritore e di criminalizzazione di chiunque si oppone ad ospitare/rimanere discarica o altro sfogatoio per uscire dall’emergenza. Conferenze universitarie con esperti internazionali favorevoli all’incenerimento, richiamo continuo alla necessità di collocare l’attuale immondizia pena le epidemie, articoli e trasmissioni denigratorie verso intellettuali e medici che, denunciando lo stato di disastro ambientale, sono accusati, insieme agli attivisti, di seminare allarmismo verso i prodotti agricoli campani (non ci sarebbe da meravigliarsi se di qui a poco ci si inventasse un altro capo d’accusa tipo “cospirazione per procurare allarme e disastro economico”). Di fronte ad una tale potenza di fuoco non sorprende che la messa in funzione degli inceneritori venga considerata dalla gran parte della popolazione come l’unica soluzione al problema tanto che persino i rivoltosi ultras di Pianura hanno esposto nello stadio lo striscione: “ma che mercato di giocatori acquistiamo i termovalorizzatori”. Ciò nonostante, però, sta crescendo l’attenzione intorno alle ragioni ed alle soluzioni proposte dal movimento. I presidi di questi giorni proprio al centro della città, l’occupazione dell’ex manifattura e la nascita di comitati di quartiere (grazie al lavoro della Rete, dei movimenti dei disoccupati e del sindacalismo di base ma anche di altre associazioni -dalla Rete Lilliput, ai grillini, all’Assise di Marigliano) vedono minore ostilità e richiesta di maggiore informazione (anche sul come contribuire) da parte di normali cittadini stanchi di una classe politica ormai non più credibile. Questa della credibilità è un punto che si è posto con forza nel movimento. In sintesi ci si è posti il problema di come, di fronte alla campagna dell’avversario che ci dipinge come i signor no, possiamo essere credibili presso una popolazione esasperata, se, cioè, possiamo o dobbiamo dare soluzioni del tipo siti alternativi o di appoggio all’invio agli inceneritori dei paesi richiedenti (v Germania e Svizzera) o verso le altre regioni. Il dibattito per fortuna ha fatto piazza pulita di queste ipotesi (compreso di qualche accenno critico agli oppositori sardi …. è il movimento bellezza!) ma, come in altre occasioni, la tentazione di essere “ragionevoli” e di “sostituirsi” rimane quando il movimento respira o è costretto a respirare un’aria troppo “locale”. Per questo come compagni, interni a questa battaglia, riteniamo che vadano ampliati gli sforzi in atto affinché la lotta diventi nazionale. In ballo non ci sono solo i rifiuti e gli inceneritori che accomunano già molte delle lotte sparse per l’Italia, ma un’aggressione senza precedenti, da parte del capitale italiano –per non dire internazionale-, al territorio. Di fronte al crescente sfruttamento sui posti di lavoro, all’espropriazione per profitto dei beni comuni varrebbe la pena di fare un passo avanti rispetto a quello già notevole del Patto di Mutuo Soccorso e ricominciare a porre, con un unico movimento, l’idea di un’alternativa di sistema di cui ormai si sente il bisogno, per non dover continuamente rincorrere gli attacchi su tutti i fronti cui siamo sottoposti, o peggio pensare di poter risolvere i nostri problemi dandoci una “adeguata e vera” rappresentanza in ambito istituzionale che faccia valere i nostri interessi. La bramosia di profitti non accetta limiti e spinge a commettere i peggiori crimini in suo onore. Chi aveva sognato un capitalismo dal volto umano, chi aveva vagheggiato di una società fondata sul mercato ma giusta trova anche nelle recenti vicende napoletane una clamorosa smentita. La politica di saccheggio, di rapina e di espropriazione di beni comuni essenziali alla riproduzione della stessa vita, non rappresentano solo un marchio di infamia originario del capitalismo da cui si sarebbe successivamente emendato, ma un tratto costitutivo e permanente del suo modo di essere. Il liberismo imperante degli ultimi decenni, non è un frutto degenere e perverso di relazioni sociali altrimenti accettabili, ma la logica conseguenza di un sistema sociale che ha fatto della ricerca del massimo profitto la sua vera religione e che oramai ha sottomesso sotto le sue leggi l’intero pianeta e ogni aspetto della produzione e della riproduzione sociale.
I compagni di Red Link