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Tuesday, May 01, 2007

da l' ancora: laurea honoris a S. Leoni

L’ANCORA DALL’ACQUESE
29 APRILE 2007


Una valle in festa. È stata
quella del Bormida che, ad
Alessandria, nella mattina di
venerdì 20 aprile, presso la
sala conferenze della Ass.
“Cultura e Sviluppo”, ha festeggiato
l’assegnazione della
Laurea Honoris Causa - da
parte dell’Università del Piemonte
Orientale “Amedeo
Avogadro” - al dott. Stefano
Leoni, ex commissario governativo,
nominato nel 1989 per
risolvere la spinosa, tragica e
dolorosa questione dell’inquinamento
Acna in Valle.
Alessandria periferia (e non
capoluogo, per una volta) della
Valle Bormida.
Anche perché, con il rettore
Paolo Garbarino e i tanti presidi
di facoltà, molte erano le presenze
“di valle” in sala (da Adriana
Ghelli del Wwf ai ragazzi e ai
docenti che rappresentavano
tutte le scuole superiori della
nostra città; dall’ass. Ristorto al
prof. Adriano Icardi) o evocate
da un breve video che ha ricordato
tanti personaggi impegnati
in questa ultima “guerra” del
XX secolo (il sindaco Eliana Barabino,
Renzo Fontana, don
Oberto, il sindaco Dotta e altri
ancora che è impossibile ricordare
tutti).
Un plauso dunque al tecnico
capace, ma anche all’uomo: che
non ha potuto fare a meno di
commuoversi, nel corso della
sua lectio, pensando alle tante
persone incontrate, tra gli operai
e tra gli ambientalisti, che
sono morte in questi tanti anni
di inquinamento.
Ma perché il dott. Leoni è
stato reputato meritevole del
riconoscimento? Ecco le parole
con cui il dott. Aldo Viarengo,
direttore del Dipartimento
di Scienze dell’Ambiente
e della Vita ha tratteggiato
la figura di Stefano Leoni
nella Laudatio.
***
“[...] Nonostante il suo continuo
impegno nella Tutela e nella
gestione degli ambienti naturali
e antropizzati (è questo anche
il titolo della nostra laurea
magistrale in Scienze Ambientali),
che hanno valso al dott.
Stefano Leoni la carica di vice
presidente del Wwf Italia, non
sono queste le sole ragioni per
cui la nostra Università ha voluto
insignirlo della laurea magistrale
honoris causa in Studio e
gestione degli ambienti naturali
e antropizzati.
La vera e fondamentale ragione
è che Leoni, con la sua
solerte attività, ha contribuito in
maniera decisiva a realizzare il
sogno di tutta una valle: insieme
al ministro Ronchi ha avviato
quegli atti che hanno avuto come
logica conseguenza la chiusura
dello stabilimento Acna di
Cengio e, negli anni successivi,
in qualità di Commissario governativo,
ha realizzato la messa
in sicurezza del sito Acna.
E questo il primo caso in Italia
di megasito inquinato in cui
l’opera del Commissario governativo
ha puntato al risanamento
di tutta una valle che,
ora, guarda in modo diverso a
un futuro fatto di prospettive di
lavoro, di una vita migliore.
Entrando nei dettagli tecnici,
il dott. Leoni è nominato Commissario
del Governo con ordinanza
n. 2986 del 31 maggio
1999 della Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento
della Protezione Civile, per
fronteggiare la situazione di
emergenza derivante dalla situazione
di crisi socio-ambientale
dell’area riguardante il sito
industriale dell’Acna ricadente
nei territori dei comuni di Cengio,
in provincia di Savona, e di
Saliceto, in provincia di Cuneo,
e del Fiume Bormida.
Ha curato, in particolare:
• la predisposizione del perimetro
dell’area da sottoporre
a interventi di bonifica;
• la predisposizione delle
misure di messa in sicurezza
d’emergenza;
• la predisposizione, la redazione
e l’attuazione del piano
di caratterizzazione nelle
aree pubbliche;
• la definizione delle linee
guida per la predisposizione
del piano di caratterizzazione
nelle aree private;
• la verifica dei progetti presentati
dai privati;
• il controllo degli interventi
svolti dal privati;
• la definizione dei bandi di
gara per la realizzazione di interventi
di bonifica;
• l’avvio e lo svolgimento di
corsi di formazione in materia
di bonifiche per i lavoratori
posti in Cassa integrazione
guadagni dipendenti dell’Acna;
• l’avvio di specifiche ricerche
e sperimentazioni nel settore
delle bonifiche o attività
ad esse connesse;
• la redazione e la definizione
dell’accordo di programma
per la bonifica dell’Acna di
Cengio, firmato a Palazzo
Chigi il 4 dicembre 2000;
• il rilascio di tutte le autorizzazioni
necessarie per la
realizzazione degli interventi.
Ha, altresì, coordinato le attività
di controllo e monitoraggio
svolte dall’Anpa (oggi
Apat) e dalle Arpa della Liguria
e del Piemonte.
Nel corso della gestione
dell’Ufficio commissariale, il
dottor Leoni ha dato corso ad
una rilevante attività di ricerca
e di sperimentazione di nuove
tecniche e metodologie di bonifica
di siti contaminati, che a
seguito della prima applicazione
nella Valle Bormida
hanno trovato ulteriori applicazioni
in altre realtà.
Allo stesso modo, l’opera
condotta ha introdotto nuove
prassi operative, che sono divenute
linee di indirizzo generali
per gli interventi di bonifica.
A Cengio è stato concesso
per la prima volta, secondo
la disciplina del D.M. 471/99,
lo svincolo riguardo ad un’operazione
di bonifica su di un
sito di interesse nazionale.
Ma la sfida del megasito dell’Acna
e del risanamento della
Val Bormida continua ancora e
Leoni avrà sicuramente un ruolo
fondamentale quale presidente,
voluto dal territorio, del
Centro Regionale per le Bonifiche
(CReB) nella bonifica dei siti
esterni allo stabilimento e nel
garantire il continuo miglioramento
della qualità del corpo
idrico, un impegno che continuerà,
ne siamo certi, fino a trasformare
la Val Bormida dalla
valle più inquinata d’Italia a una
valle a certificazione di qualità
ambientale ricca di turismo, agricoltura
di qualità e che, auspichiamo,
possa rappresentare
un esempio che indichi chiaramente
che la bonifica dei megasiti
inquinati è possibile e fattibile
quando siano presenti la
cultura, la volontà politica e gli
uomini giusti. G.Sa




Una pagina (d’autore)
dalla lectio magistralis



Alessandria. La biodiversità,
i principi comunitari e la
produzione legislativa; l’esame
della normativa italiana, la
valutazione d’impatto ambientale:
questi i temi che l’ex
Commissario per l’ACNA Stefano
Leoni ha affrontato nella
sua Lectio Magistralis, che
spesso, come era giusto accadesse,
è entrata nelle prerogative
più tecniche della
materia (era infatti dedicata
alla Rilevanza giuridica delle
metodologie di valutazione
della qualità di ecosistemi potenzialmente
contaminati).
Ma l’inizio è stato estremamente
piano e coinvolgente.
Eccone uno stralcio che reputiamo
alquanto significativo.
Uno sguardo d’insieme
Dopo secoli di crescita nella
conoscenza della natura e
delle leggi che la disciplinano,
segnata da una incrollabile fede
nella capacità dell’uomo di
poterla controllare e sottomettere
le sue forze al soddisfacimento
dei propri e crescenti
bisogni, nella seconda metà
dello scorso secolo si prende
atto per la prima volta nella
storia dell’umanità dell’esistenza
di un limite naturale al
modello di sviluppo finora perseguito.
Si ricordano date storiche
come il 1972. quando a Stoccolma
si giunge a sottoscrivere
una dichiarazione che testualmente
riporta: “Le risorse
naturali della Terra, ivi incluse
l’aria, l’acqua, la flora, la fauna
e particolarmente il sistema
ecologico naturale, devono
essere salvaguardate a
beneficio delle generazioni
presenti e future”; “La capacità
della Terra di produrre risorse
naturali rinnovabili deve
essere mantenuta”; oppure:
“Le risorse non rinnovabili
della Terra devono essere utilizzate
in modo da evitarne
l’esaurimento futuro”.
Nel riconoscere l’esistenza
di limiti alle risorse naturali si
viene a riproporre il già conosciuto
scontro tra le scienze
tecniche e quelle cosiddette
umanistiche. Mentre le prime
si basano su elementi esatti o
che tendono all’esattezza, le
seconde si basano su modelli
sociologici e culturali, che
pongono al centro dell’attenzione
non le leggi naturali, ma
quelle umane.
Il conflitto immediatamente
si manifesta in settori quali,
per esempio, quelli dell’economia.
Settore che si era sviluppato
dapprima tenendo
conto di una sola variabile (il
capitale) e successivamente -
a seguito delle teorie marxiste/
socialiste - di una seconda
variabile (il lavoro) e che,
con l’avvento del problema
ambientale, ha richiesto di assumere
un’ulteriore variabile:
quella della limitatezza delle
risorse naturali.
Quale esempio della considerazione
di tali risorse da
parte del modello classico e
prettamente monetaristico, si
ricorda Ricardo [David, economista
inglese, 1772-1823,
cfr. Principi dell’economia politica
e delle imposte, ndr] che
parlava di “liberi doni della natura”,
come ad esempio l’aria
e l’acqua, che pur essendo
fondamentali alla vita dell’uomo,
sono di libero accesso e
quindi non hanno un costo,
ossia “non sono beni economici”.
In quanto tali, dunque,
non erano da assumersi nei
costi di produzione.
Anche la “scienza giuridica”
rientra tra le “scienze umanistiche”;
tuttavia in questo settore
la resistenza ad accettare
le tesi delle scienze naturali
si è dimostrata molto meno
robusta. Infatti, la dichiarazione
di Stoccolma, in quanto
consacrata in forme pattizie,
ha creato un non irrilevante
stimolo nei confronti della normazione
futura e riguardo alle
attività ermeneutiche, in questo
caso anche rispetto alla
normativa al momento esistente.
1972: una data spartiacque
per la modernità
Pertanto la Dichiarazione di
Stoccolma, seppur di per sé
non costituisse - e non costituisca
tuttora - un vicolo giuridicamente
rilevante a causa
della totale mancanza di strumenti
sanzionatori in caso di
mancato rispetto delle sue
norme, ha rappresentato un
possente monito morale per i
legislatori nazionali e per gli
interpreti del diritto interno. È
accaduto, infatti, che sulla
scia dei principi dichiarati non
solo fossero introdotte nuove
normative nei diversi ordinamenti
giuridici, ma anche che
fossero rilette o lette in maniera
differente quelle già vigenti.
In altri termini, dalla dichiarazione
di Stoccolma possiamo
cominciare a osservare la
nascita, sebbene in forma
embrionale, di quello che poi
fu definito diritto all’ambiente.
Ovvero quel corpus normativo
che è oggi guidato da propri
principi e che identifica da
una parte l’ambiente quale
bene autonomo giuridicamente
rilevante, meritevole di tutela
e per il quale sono previste
specifiche forme di riparazione
in caso di lesione dello
stesso, dall’altra quale valore
costituzionale, ossia uno degli
“elementi fondamentali che
caratterizzano una società in
un dato periodo della storia e
sul quale una società fonda la
sua legittimazione”.
Quale segno del conflitto
che si verificò tra i settori economici
e quelli scientifici, vale
citare la dichiarazione di Rio
de Janeiro, sull’ambiente e lo
sviluppo. Si sentì, infatti, non
solo il bisogno di ribadire l’improcrastinabilità
del dovere di
tutelare l’ambiente, ma di individuare
un modello di sviluppo
capace di ottenere questo
obiettivo.
Si introduce, così, il concetto
di sviluppo sostenibile, che
fece propria la definizione
contenuta nel rapporto “Our
Common Future” (divenuto
noto come “Rapporto Brundtland”’),
secondo cui lo sviluppo
sostenibile consiste in
quello “sviluppo che è in grado
di soddisfare i bisogni della
generazione presente, senza
compromettere la possibilità
che le generazioni future
riescano a soddisfare i propri”.
(Riduzione e titoletti
a cura di G.Sa)

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