Sui giornali

SUI GIORNALI

Wednesday, June 18, 2008

anche lo scrittore superstar roberto saviano parla di rifiuti acna

ma i dati giusti sono solo qui:
http://suigiornali.blogspot.com/2008/05/da-la-gazzetta-d-alba-c-olocco-rifiuti.html

ed ecco saviano:
http://www.repubblica.it:80/2008/05/sezioni/cronaca/camorra-1/processo-spartacus/processo-spartacus.html

CRONACA
Appello per il processo Spartacus. Una condanna sarà un colpo al cuore per il clanA Francesco Schiavone resteranno due possibilità: morire in carcere o pentirsi
Il processo ai padroni di GomorraDomani le sentenze sui Casalesi
di ROBERTO SAVIANO

SPARTACUS è il nome del processo che domani o dopodomani giungerà all'inizio della fine. Si chiuderà la prima parte, verranno lette le prime sentenze di secondo grado. 31 imputati, per sedici dei quali è stato chiesto l'ergastolo, il processo di mafia più importante degli ultimi vent'anni. Spartacus: il nome non è stato scelto a caso. È un omaggio a Spartaco, il gladiatore tracio che nel 73 avanti Cristo insorse contro Roma. Partendo dalla scuola gladiatoria di Capua con un pugno di uomini, riuscii a raccogliere schiavi, liberti, gladiatori d'ogni parte del meridione. Che un processo prenda il nome di un ribelle, di uno schiavo fuorilegge che sfidò Roma - la culla del diritto - è qualcosa di unico per la storia della giustizia. Questo processo è stato chiamato Spartacus con l'idea che il diritto potesse liberare queste terre schiave dal potere dei clan e dell'imprenditoria criminale. Con il sogno che un processo potesse innescare la sollevazione di un territorio, credendo che la vera rivoluzione qui consista nella possibilità di agire legalmente: senza sotterfugi, alleanze, raccomandazioni, appalti truccati e aziende dopate dal mercato illegale. Spartacus è il risultato di una enorme indagine condotta dal 1993 al 1998 dalla Procura Antimafia di Napoli, ossia dai Pm Federico Cafiero De Raho, Lucio Di Pietro, Francesco Greco, Carlo Visconti, Francesco Curcio e poi Raffaele Cantone, Antonello Ardituro, Marco Del Gaudio e Raffaello Falcone. E mentre molta parte l'Italia e d'Europa continuerà a pensare che si sta celebrando un processo contro una banda criminale, l'ennesima del sud Italia, in realtà le carte processuali, le audizioni, i più di mille imputati nelle gabbie, parlano di un potere enorme che va considerato una delle avanguardie dell'economia di questo paese. In uno dei passi più significativi del processo Spartacus un teste da la lettura chiara del controllo economico del territorio: PM: Senta e quando vi dava la notizia che c'erano dei lavori, voi che cosa facevate? TESTE: La prima cosa che si faceva era sapere il nome dell'impresa che doveva eseguire i lavori. Poi chiaramente questa persona veniva chiamata, si chiudeva il lavoro e i soldi che doveva dare all'organizzazione e in più dicevamo dove rivolgersi nella zona per prendere il cemento...
Soldi per poter lavorare sul territorio e poi cemento per poter costruire, imprese, subappalti. Ecco il loro impero. Lello Magi è il magistrato che ha redatto la motivazione della sentenza di primo grado del processo Spartacus. Nelle sue carte si trovano i grandi affari, i nomi delle aziende - la Bitum Beton, la General Beton, l'Annunziata Calcestruzzi. I maggiori investimenti pubblici sono stati realizzati dalle imprese del clan dei casalesi. E tutto emerge in questo processo. Dalla realizzazione di numerose infrastrutture stradali come la Nola-Villa Literno, il raccordo con, l'autostrada A1 Roma-Napoli, e persino il carcere di Santa Maria Capua Vetere. I Casalesi hanno costruito il carcere con le loro imprese. Carcere che avrebbe poi raccolto soprattutto i loro affiliati. Quando il commissario straordinario di Governo inizia a progettare l'esecuzione dell'arteria Roma-Napoli, la spesa iniziale è di settanta miliardi di lire. Il costo effettivo, dopo cinque anni di lavoro, sarà di duecentoquaranta miliardi. Le imprese che in subappalto lavorano a quest'arteria sono del clan dei Casalesi e le imprese che non lo sono per lavorare pagano una tangente al clan. Così con questo meccanismo di drenaggio di soldi pubblici e con il meccanismo delle estorsioni, le loro imprese edili, i loro alberghi, le loro aziende di trasporto diventano le migliori d'Italia e i loro broker investono e costruiscono in tutto il mondo. In soli due procedimenti contro la famiglia Schiavone nell'agosto del 1996 furono sequestrati beni per 450 miliardi di lire e, un anno dopo, nell'agosto 1997, altri 515 miliardi. Quei 500 milioni di euro odierni sequestrati in due estati a uno solo dei clan che compongono il cartello dei Casalesi, sono una cifra che avrebbe messo in ginocchio qualsiasi gruppo imprenditoriale. Invece gli Schiavone e con loro i Casalesi continuarono a prosperare. La stima fatta dalla Dda di Napoli parla di un attuale fatturato di circa 30 miliardi di euro. Non più milioni di euro, ma miliardi. Un gruppo che ha saputo infiltrarsi ovunque. Investire nel settore immobiliare a Parma e costruire nel centro di Milano. Sversare i rifiuti tossici arrivati da ogni parte del nord Italia, come emerge sin dalla prima inchiesta che nel 1992 portò a scoprire - attraverso le indagini del pm Franco Roberti - che i rifiuti tossici finiti nel casertano partirono da Thiene, nel Vicentino, sino a quelle del 2008 sullo sversamento illegale di ottomila quintali di fanghi dell'Acna di Cengio, vicino Savona, e scarti di lavorazione del poliestere. E poi l'alleanza con Cirio e Parmalat, la distribuzione controllata dal clan in gran parte del centro sud che garantiva un monopolio di imprese alimentari in cambio di una "estorsione". Ma queste vicende sono solo collaterali allo Spartacus. Questo processo riguarda vicende che vanno dalla morte del capo storico dei casalesi, Antonio Bardellino, nel 1988 sino al 1996. C'erano voluti quasi dieci anni per accertare quei fatti, e per chiudere il primo grado del processo, nel 2005. Il giorno della sentenza di allora ricorda quello che sta accadendo di nuovo in queste ore. Circa duecento tra carabinieri e poliziotti. Cani antibomba, tiratori scelti, volanti, elicotteri. Un processo che ha visto complessivamente in questo e negli altri procedimenti paralleli 1.300 indagati, partito dalle dichiarazioni del pentito Carmine Schiavone. Seicentoventisei udienze complessive, 508 testimoni sentiti, più 24 collaboratori di giustizia, di cui 6 imputati. 90 faldoni di atti acquisiti. Una inchiesta-madre che ha generato decine di processi paralleli: omicidi, appalti, droga, truffe allo Stato. Nacquero nella seconda metà degli anni 90', Spartacus 2 e Regi Lagni, l'inchiesta sull'opera di recupero dei canali borbonici che per anni permise ai clan - secondo le accuse - di usare i loro appalti miliardari non per risistemare i canali ma dislocare miliardi di lire verso le loro imprese edili che, da lì in avanti, sarebbero divenute vincenti in tutt'Italia. E poi il processo Aima, le truffe che i clan Casalesi avevano fatto nei famosi centri dello "scamazzo", ossia dove la comunità europea raccoglieva la frutta prodotta in eccesso dando in cambio un indennizzo ai contadini. Nei grandi fori dove veniva buttata la frutta i clan gettavano invece immondizia, ferro, rimasugli di lavori edili. Prima però tutta la schifezza se la facevano pesare: incassando i soldi di indennizzo e continuando a vendere ovunque la frutta dei loro appezzamenti. Poi, per la prima volta furono sequestrate come beni della camorra anche due società di calcio: l'Albanova e il Casal di Principe. Questo era stato il processo di primo grado: 21 gli ergastoli, oltre 750 anni di galera inflitti. Persino le carte processuali da trasmettere ai giudici d'appello, i 550 faldoni contenenti gli atti del procedimento nel novembre 2006, hanno avuto bisogno di un camion blindato e scortato dai carabinieri per portare i documenti da Santa Maria Capua Vetere a Napoli. Tutto questo era accaduto nella sostanziale indifferenza dei media nazionali ed internazionali. Per questo secondo grado non sarà così. I nomi dei boss, delle loro aziende, i nomi dei loro delitti non passeranno solo sulla stampa locale, non avranno solo vita d'inchiostro nei documenti processuali. Verranno conosciuti, saranno resi noti, non saranno soltanto passaggi sul rullo continuo e indifferente dell'informazione. E infatti il fastidio per l'attenzione, la loro assoluta ripugnanza di finire sotto i riflettori nazionali ha avuto dimostrazione e prova ieri nelle parole del capo del clan Francesco Schiavone Sandokan. Durante l'ultima udienza ha chiesto di poter rinunciare ad assistere perché "non sono una fiera in gabbia". Sa che quando allo show si toglie la faccia del capo, si perde almeno la metà dell'attrattiva mediatica e con questo l'efficacia della comunicazione. Il clan ha paura. Ha paura perché i Casalesi condanne definitive non ne hanno mai avute, perché sentono come un'assurdità l'essere condannati per fatti commessi decenni prima, quando ormai la loro carriera è avviata verso altre logiche, altri mercati. E poi i loro capi storici non sono mai morti in galera, ma sempre liberi e lontani dal territorio: Antonio Bardellino in Brasile, Mario Iovine in Portogallo. Loro non vogliono finire i loro giorni dentro un carcere. Schiavone è stato reso celebre, troppo celebre, dal suo soprannome ricevuto da giovane quando per la sua somiglianza con l'attore Kabir Bedi fu chiamato appunto Sandokan. E lui i media li sa gestire sin troppo bene. Arrivò, nonostante il regime di 41 bis gli impedisse di comunicare con l'esterno, a scrivere una lettera ad un giornale locale dove indicava ai suoi uomini quali giornali acquistare, che linea mantenere, quali posizioni avere, rimarcando: "Sono felice di scontare in carcere tutte le mie condanne. Non sono uno che mangia carne umana". E con questo sottolineava che non si sarebbe pentito. Ma queste parole sono di troppi anni fa. Con la condanna di domani il clan Schiavone sarà in ginocchio. E lui, Sandokan, rimarrà sempre più solo. Il capo. L'uomo che secondo la sentenza di primo grado ha organizzato con determinazione e intelligente strategia la sua ascesa al potere. Sino ad ora il clan ha rispettato i suoi figli, gli ordini della moglie Maria Pia Nappa, compagna di una vita che lui ritiene di aver sempre onorato, ponendosi nel ruolo del padre integerrimo e marito fedele. Ma stranamente nel processo ci sono due donne americane, Kathrin Houston e Cristina Emich, sottufficiali della Nato, divenute amanti di Sandokan: la prima condannata ad un anno e mezzo per aver fornito al boss 3 pistole calibro 357 Magnum. Se arriveranno gli ergastoli domani, non uscirà più di galera. E al capo, all'uomo che ha tentato di tutto pur di uscire dal carcere, che ha scritto lettere al Presidente della Repubblica per chiedere la grazia, che ha cercato di farsi passare per matto con perizie psichiatriche che parlavano di strani fantasmi che lo andavano a trovare di notte in cella, a Francesco Sandokan Schiavone non rimarrà che pentirsi. Cantarsi gli affari e gli affiliati; svelare i nomi dei suoi alleati nei meccanismi della politica e dell'imprenditoria, i suoi stipendiati nell'editoria. Solo quello potrà essere lo strumento per non essere murato vivo. L'altro capo in galera è Francesco Bidognetti, detto "Cicciotto 'e mezzanotte" boss del settore dei rifiuti, uomo del racket del cemento e dei mercati. Anche lui non ha speranze oltre il pentimento. Non può fare altro se non vuole finire i suoi giorni in cella e vedere la sua famiglia dilaniarsi, come sta già accadendo da quando la moglie Anna Carrino si è pentita. Lui tentenna da tempo. Sembra voler collaborare definitivamente. E se i due capi in carcere dovessero pentirsi, allora l'intera storia della camorra casalese potrebbe davvero trovarsi ad un punto di cristi totale e di svolta epocale. Un processo come questo, durato anni, non è solo una forma della giustizia, è molto di più. È anche un percorso culturale, una rinascita del diritto, un momento in cui si sono sedimentate le forze e le energie di un territorio. La chiusura di questo processo è un segnale, una possibilità di una nuova primavera del mezzogiorno italiano. Bisognerà non spegnere l'attenzione, seguire la vicenda giudiziaria in Cassazione e poi soprattutto seguire gli altri rami del processo Spartacus che riguardano i rapporti con la politica, i rapporti con le imprese legali. Rami del processo che se non si interviene rischiano di vedere cadere i reati in prescrizione. Ora che si sta chiudendo il processo - lungo frammento di storia di queste terre, archeologia criminale e umana che emerge dalle carte e dalle confessioni - mi vengono in mente i volti di coloro che sono stati uccisi per aver posto resistenza al potere del clan. E poi sono stati dimenticati, trascurati, spesso neanche citati. Finiti sulle targhe delle strade o ricordati solo nel cuore dei familiari ed amici. I nomi dei morti in questa guerra mai dichiarata e in realtà combattuta sempre, senza mai concedere armistizio. Salvatore Nuvoletta: un carabiniere ammazzato nel 1982 a vent'anni, punito perché aveva partecipato all'arresto di un parente del boss Sandokan. E poi Franco Imposimato, nel 1983, ucciso perché fratello del giudice Imposimato ma anche perché militante ecologista. Alberto Varone che nel 1991 distribuiva giornali, e aveva un mobilificio che faceva gola al clan del suo paese che voleva ramificarsi in ogni settore. E ovviamente Don Peppino Diana ucciso nel 1996 per il suo documento "Per amore del mio popolo non tacerò". Poi Federico Del Prete, ucciso nel 2002, sindacalista solitario che organizzò un antiracket dei venditori ambulanti. Fino a Domenico Noviello, ucciso poco più di un mese fa per una denuncia fatta sette anni prima. E poi i feriti, gli umiliati, i minacciati: il delegato CGIL Michele Russo gambizzato per aver minacciato di far scendere i lavoratori edili in sciopero; Antonio Cangiano sparato alla schiena per un appalto non regalato ai clan: Renato Natale cui sversarono chili di merda di bufala fuori casa per dimostrare che il clan l'avrebbe sommerso se continuava a fare il sindaco del paese. In attesa della sentenza, a loro va il pensiero che il diritto possa davvero divenire come fu il sogno di Spartaco. Possa essere in grado di ridare diritto: diritto alla vita e alla libera decisione di ogni singolo. E auspicando che questo sogno non finisca come finì Spartaco giustiziato lungo la via Appia, strada dove oggi al posto delle croci dei ribelli si trovano per ironia della sorte gran parte dei negozi degli uomini del clan dei Casalesi. Vorremmo che questo processo non sia soltanto un sogno di riscossa ma una concreta possibilità di far emergere il meglio di questa terra che non ne può più del marcio che la governa. E anche che questo auspicio possa stavolta giungere sino a Roma. Sperando di non dimenticare, sperando di poter mutare. E viene in mente un verso di Isaia capitolo 21, versetti 11 e 12, quando dice "Shomér ma mi-llailah, ma mi-lell" ovvero "Sentinella, a che punto è la notte?" Il profeta che vide fuoco e fiamme, cede a questo verso di speranza. "La notte sta per finire ma l'alba non è ancora arrivata." È questa la risposta. Copyright 2008 by Roberto Saviano Published by arrangement of Roberto Santachiara Literary Agency (18 giugno 2008)

Friday, June 13, 2008

a chi ha preso i rifiuti acna non riaprono la discarica! una bella fortuna! ormai si parla più dell' acna in campania che al nord

ma tutti sparano dati senza vedere i nostri veri!

slogan delle manifestazioni:

"Di che colore lo vuoi il tuo tumore?
Tumore tumore tumore tricolore!!"

http://espresso.repubblica.it:80/dettaglio-local/Rifiuti-tossici-choc-a-Giugliano-Il-clan-ci-uccide-senza-sparare/2029496/6:

Le rivelazioni del pentito sui traffici dei Casalesi
Il sindaco "In ogni famiglia un tumore"
Rifiuti tossici, choc a Giugliano"Il clan ci uccide senza sparare"
Antonio CorboSono almeno 120 gli ettari infettiColdiretti: "Subito bonifiche". Meno frutta, più fiori
Pianese: "E ho dovuto fermare il generale Giannini, voleva riaprire Taverna del ferro"
GIUGLIANO - Solo il sindaco sapeva. La terza città della Campania ha oltre centomila abitanti e almeno 120 ettari di terra malata. «Siamo ai limiti della sopportazione, in ogni casa si piange per un tumore», Giovanni Pianese ha i toni sicuri dei giorni peggiori. «La politica deve reagire, denunciare non basta, quindi questo Comune dovrà proporre, realizzare». Mancano poche ore al primo consiglio comunale, Pianese consegna al segretario generale Rossella Grasso la lista dei 5 assessori esterni, nomi di prestigio, si ricomincia. Ma proprio ieri sono apparse le dichiarazioni di Gaetano Vassallo, la verità sui clan. Hanno incassato una fortuna seminando morte. Nella stessa provincia di Caserta hanno boicottato il progetto di un´azienda sicura, ultramoderna, autorizzata dalla Regione, per i rifiuti speciali, si può capire perché. Il sequestro di ville, conti correnti, Jaguar, barche, albergo ha fatto scoprire meglio il giro: i Casalesi hanno avvelenato Giugliano, fanghi tossici e rifiuti pericolosi del centronord. Alleati dei Mallardo, la cosca della zona. Nelle ore dello choc, Giugliano si sente tradita anche dai suoi boss.«Con Gianfranco Mascazzini, direttore generale del ministero dell´Ambiente, c´è un piano di bonifica. È stato lui a dare il quadro: rifiuti tossici in almeno 120 ettari», conferma il sindaco Pianese. «Ed è per questo che ho respinto il tentativo di riaprire Taverna del ferro. Con cortesia ho fermato il cortese prefetto De Gennaro. Ma con durezza, il generale Giannini, che voleva imporre. I miei cittadini non sono suoi soldati. E ho troncato il discorso». Coinvolge il nuovo segretario generale, Rossella Grasso, in questa crociata del no. Finge di domandare: «Si può ancora tollerare questa aggressione? La Sanità mondiale documenta malformazioni e tumori quasi tutti alla tiroide. Bisogna studiare anche un piano di bonifica e di ristoro». I cinque assessori esterni gli saranno vicini: Antonio Panico, vice sindaco, magistrato di vertice passato dal civile al penale, il collega Antonio Ferone del Tar, Marcello Postiglione, Mario Delfino, Roberto Castellaccio.Il pentito rivela che nel 1988 «la discarica in località Schiavi era già di fatto esaurita, quando in Regione fu approvato il progetto di smaltimento. Fruendo di quella autorizzazione, non essendo specificate le particelle, sfruttammo all´infinito quel sito». Per almeno 18 anni, Vassallo ha gonfiato di bidoni tossici la discarica sua ("Novambiente") ma avverte: «Con l´espediente delle autorizzazioni, tutte le discariche campane hanno smaltito in modo abusivo sfruttando autorizzazioni meramente cartolari». Così la Campania è diventata una fogna: tutto sembrava in regola, fatture e timbri, nell´ottuso o complice silenzio di chi doveva vigilare. È lo schema raccontato dal film "Gomorra".Cittadini spaventati. «La camorra ci ha ucciso senza sparare, è la causa delle nostre gravi malattie», la rabbia alimenta la psicosi. Amarezza anche tra i 220 di Napoli 1. Giovanni Panico, presidente dal 2005, si ribella: «Sembra che qui sia tutto da chiudere perché siamo camorristi. Si rischia di eliminare chi fa bene il proprio dovere». Dalla sua nomina sono finiti i traffici. Il racconto di Vassallo si ferma al 2005. E Na1 sta bonificando le discariche, la Schiavi fra queste. Proprio accanto a Novambiente. «Ripristino ambientale con le nostre forze, captazione di biogas con la nostra Gesen». Il consorzio è in piena area Asi, dove imprenditori di Giugliano sono incappati in un pessimo affare: rifiuti tossici interrati nei suoli acquistati per capannoni. Tutto fermo. Vi sarebbero anche dei camion. «I Comuni ebbero a negoziare con me lo smaltimento dei rifiuti», riferisce il pentito, allargando lo spettro di complici e responsabilità. Come esempio, indica «i rifiuti dell´Acna di Cengio nella mia discarica. Una volta, venti bilici per circa 6.000 quintali». Anche le concerie di Santa Croce dalla Toscana hanno inondato Giugliano di veleni.Vito Amendolara, direttore regionale di Coldiretti, rilancia le sue denunce. «È un disastro terribile. Giugliano è tra i primi poli agricoli, con tremila aziende e diecimila braccianti. Abbiamo ottenuto che la Regione stanziasse non più 70 milioni ma 800. Bonifica urgente, quindi». Ciliegie, pesche, melannurca, ortofrutta di qualità. Un tesoro da salvare, promette. E dove non è possibile? «Operazione No Food» Coltivare quindi prodotti che non si mangiano. Fiori, solo fiori dove la camorra «uccideva senza sparare».
(13 giugno 2008)
La storia dei traffici illeciti dal Nord al Sud è documentata dagli attidelle Commissioni e fu denunciata nel 1995 da manager e parlamentari
"Bolle false e finti trattamenticosì camuffiamo i veleni"
Parla un broker della monnezza: questa truffa è nota a tuttidi CARLO BONINI
"Bolle false e finti trattamenticosì camuffiamo i veleni"'
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Ci sono ancora tonnellate di rifiuti nelle strade di Napoli
ROMA - "Il presidente della Repubblica ha ragione. La Campania è stata per molti anni la pattumiera del nord. E dico anche, mi scuseranno i napoletani, che come questo sia stato possibile è ormai il segreto di Pulcinella". L'uomo ha l'accento marcato delle valli lombarde. Ha meno di 40 anni e da più di 15 sposta e spinge rifiuti da un estremo all'altro del Paese. Chiede l'anonimato, perché qualche problema di giustizia lo ha già avuto e non intende averne altri. Perché di "monnezza", pericolosa o innocua che sia, speciale o meno che sia, ci campa. Gli imprenditori come lui li chiamano "broker". Intermediano tra il rifiuto che caricano e la discarica in cui lo sversano. Al committente, pubblico o privato, offrono un servizio chiavi in mano: trasporto, conferimento e smaltimento. Formalmente, "clean", pulito, proprio come vuole la battuta di Toni Servillo nel film "Gomorra". Ma che lo sia davvero, "clean", questo dipende solo da loro. Perché l'industriale che firma per lo smaltimento di fanghi, vernici, acidi o altri residui di lavorazioni tossiche non vuole e non deve sapere che fine quei rifiuti faranno. Perché non vuole e non deve portarne la responsabilità per eventuali danni alle persone e all'ambiente. Dal sistema ci guadagnano o quantomeno ci hanno guadagnato tutti i protagonisti del ciclo. L'imprenditore che dimezza il costo di smaltimento. Il broker che ricarica sui costi fino al cinquanta per cento. La discarica non autorizzata che interra i veleni. Di aziende di "intermediazione rifiuti" in Italia ce ne sono almeno un migliaio. "Di fatto - spiega il nostro broker lombardo - parliamo sempre delle stesse cinquanta persone cui quelle società, in un modo o in un altro, fanno capo". La storia dei traffici illeciti di rifiuti nord-sud documentata dagli atti parlamentari delle diverse commissioni di inchiesta è quella di indagini a loro modo esemplari come "Re Mida" o "Eldorado". E' quella che, a partire dal 1995, denunciarono con forza e nel completo disinteresse parlamentari come Massimo Scalia (presidente della prima commissione di inchiesta sui rifiuti) e quindi manager coraggiosi come Roberto Cetera e Lorenzo Miracle di "Ecolog" (la società del gruppo Fs che in sette anni di emergenza ha smaltito circa due milioni di tonnellate di rifiuti in Germania), oggi costretti agli arresti domiciliari dall'accusa della procura di Napoli di aver commesso ciò contro cui hanno pubblicamente combattuto in solitudine per anni (traffico illecito di rifiuti), a cominciare dalla denuncia del ruolo opaco dei centri di stoccaggio e trasformazione umbri, per finire alle società di trasporti campane.


Il broker lombardo sorride. "Il Sistema del traffico illecito dei rifiuti ha sempre camminato su due gambe. Il trasporto su gomma e l'intermediazione fasulla dei centri di stoccaggio e trasformazione. Da questo punto di vista, ovviamente i treni per la Germania sono sempre stati visti come fumo negli occhi. Detto questo, il Sistema non ha funzionato sempre nello stesso modo. E' andato affinandosi con il tempo. Cambiavano le leggi in senso restrittivo, si trovavano nuovi mezzi per aggirarle". In principio - correvano i primi anni '90 - fu davvero "l'età dell'oro". Nessun controllo, libera circolazione dei mezzi lungo l'Autosole. "Per un chilo di rifiuti tossici, l'industriale del nord arrivava a pagare anche 600 lire. Il costo effettivo per lo smaltimento nelle discariche campane era tra le 20 e le 30 lire. L'utile, dunque, di circa il 90 per cento". A Pianura finirono i fanghi venefici dell'Acna di Cengio e Dio solo sa cos'altro, se è vero come è vero, racconta l'uomo, che "in una discarica di Giugliano venivano interrati direttamente i cassoni dei camion che arrivavano dalla Lombardia, dal Veneto, dal Piemonte". Poi venne approvato il decreto Ronchi, cominciò l'emergenza campana e le cose, almeno apparentemente, si complicarono. Ai rifiuti (quale che ne fosse la natura) venne attribuito un codice di identificazione che avrebbe dovuto consentire di tracciarne il percorso dalla sorgente alla foce. Per impedire ai committenti di dichiarare in partenza rifiuti diversi da quelli che venivano caricati e alla discarica di accettare monnezza per la quale non era autorizzata allo smaltimento. Il Sistema si adeguò. "I trucchi erano e restano a tutt'oggi due. Il primo si chiama "girobolla". Il secondo, che ne è una variante, è lo "scarico di conferimento"". Il girobolla funziona come il gioco delle tre carte. "Il rifiuto pericoloso esce dalla fabbrica del nord con un codice e una destinazione finale. Diciamo in Campania. Lungo la strada si ferma almeno due o tre volte in altrettanti impianti di stoccaggio e trasformazione, che sono per lo più concentrati tra Toscana e Umbria. In questi centri, al trasportatore viene consegnata una nuova bolla di accompagnamento che non è più quella originaria, ma un documento di trasporto che certifica, in modo falso, che il carico di rifiuti è stato trattato e trasformato in innocuo materiale di recupero. In realtà, l'immondizia non è mai scesa dal camion. Ma quando arriva in discarica può essere accolta perché risulta essere altro da ciò che è". L'industriale a monte è libero da ogni sospetto o seccatura perché avrà da mostrare un documento che attesta il trattamento intermedio di quei rifiuti e per la stessa ragione lo saranno il broker e la discarica che quei rifiuti ha interrato. Lo "scarico di conferimento" è ancora più semplice. Nel centro di stoccaggio e trasformazione il carico di rifiuti cambia di mano. "Il camion che ha fatto la prima tratta se ne torna indietro e la responsabilità dello smaltimento diventa del centro di stoccaggio. A questo punto arrivano i camion dal sud. Caricano e sversano dove solo loro sanno. In Campania o anche in regioni limitrofe". Il finto declassamento dei rifiuti o il loro passaggio di mano rendono di fatto irrintracciabile la reale origine del carico e la sua effettiva destinazione. Fanno da diga tra chi i veleni li produce e chi li interra. Dice l'uomo: "Faccio un esempio per far capire come andassero le cose ancora nel 2003. Milano era in piena emergenza e l'Amsa conferiva i suoi rifiuti solidi urbani, dunque non nocivi, in Campania, dove però era scoppiata a sua volta l'emergenza. A Napoli, l'allora commissario straordinario vietò l'importazione di rifiuti da altre regioni, ma con il meccanismo del conferimento dei rifiuti a centri di stoccaggio intermedi i rifiuti milanesi continuarono ad affluire nella discarica di Trentola Ducenta, in provincia di Caserta". Tutti sapevano. Tutti sanno. Compresi, evidentemente, chi i carichi velenosi li trasporta. "Loro sono davvero le ultime ruote del carro. Lo fanno per mangiare. I camion fanno una prima tratta da sud a nord trasportando merci regolari e per non tornare indietro vuoti caricano immondizia. Quale che sia". Del resto, i controlli lungo il tragitto pare non spaventino proprio nessuno. "Un conto è essere bloccati dalla Forestale o dai carabinieri del Nucleo di tutela ambientale. Ma questo succede soltanto quando si è finiti in un'indagine, magari si è stati intercettati e si sa quale è il camion da fermare. Un altro conto è essere controllati dalla polizia stradale. Il camion viaggia chiuso e se i pesi sono rispettati e le bolle di accompagnamento sono a posto, nessuno andrà ad aprire i cassoni per vedere se davvero ciò che c'è dentro è o meno materiale nocivo. E il gioco è fatto". (6 giugno 2008)
Federalismo della mondezza: perché no?
Renzo Butazzi, 06 giugno 2008, 11:40
Riso amaro Il Nord potrebbe pagare lui stesso il costo del trasporto dei rifiuti dalla Campania in Germania, invece di farlo gravare sul bilancio comune. E si potrebbe pensare anche all'ipotesi che ciascuna regione si tenga la sua spazzatura
Il Presidente della Repubblica ha avuto il grande merito di portare alla luce, con la sua autorevolezza, un'abitudine vergognosa di cui si è parlato spesso: quella di trasportare rifiuti pericolosi dal Nord per smaltirli illegalmente al Sud (o per strada).Proprio in questi giorni un amico mi ha raccontato che una ventina di anni fa, nell'officina in cui lavorava, vicino all'uscita autostradale di Valdichiana (Siena), si era fermato un grosso camion, con il cassone ben chiuso, che perdeva acqua dal radiatore. Veniva da Milano e andava a Napoli, e l'amico chiese all'autista cosa portasse a Napoli: "immondizia", rispose l'autista. Secondo il mio amico capitava anche che qualche camionista partisse da questa zona per andare al Nord, caricare rifiuti e portarli al Sud.Quante riflessioni amare su noi stessi suscita questa lunga vicenda.
Tra un Nord che invia i rifiuti tossici al Sud per pagare meno lo smaltimento arricchendo la Camorra, e un Sud camorrista che li accoglie e nasconde per lucrare sullo smaltimento illegale, chi è più furfante? Perché il Nord -così onesto, efficiente, produttore di ricchezza e benessere - non propone di pagare lui stesso il costo del trasporto dei rifiuti dalla Campania in Germania, invece di farlo gravare sul bilancio comune? Oppure perché non chiede di riprendersi direttamente una percentuale di rifiuti almeno pari a quelli mandati oltre Roma?
Sarebbe il momento che la Lega Nord, tanto desiderosa di federalismo fiscale, dicesse qualcosa anche a favore del federalismo della monnezza: ogni regione -compresa la mitica Padania - si impegna a tenersi la propria spazzatura.
Quando venne fatta l'autostrada A1 Milano-Napoli i suoi sostenitori affermavano che con essa l'Italia sarebbe divenuta più corta e sarebbe stato più facile per le aziende del Nord investire e produrre anche al Sud. In realtà è servita soprattutto per inviare al Sud più facilmente ciò che le aziende producevano al Nord, compresa la loro peggiore immondizia.
Il due giugno, per curiosità, ho seguito alla TV una parte della sfilata militare a Roma. Ma quale realtà si nasconde dietro tanta marzialità, tanta retorica, tante autorità civili e militari, cosi impeccabili nei loro abiti da matrimonio e nelle divise con i medaglieri luccicanti?
L'Italia, oggi, è una Repubblica fondata sull'immondizia, oltre che sul lavoro?

Così il Nord inquina il SudLa mappa dei traffici illegali
Dopo la denuncia di Napolitano, basta seguire il filo delle inchieste per scoprire i mille rivoli atraverso cui, negli anni, la malavita e aziende con pochi scrupoli hanno trasportato al Sud tonnellate di rifiuti tossici prodotti nelle regioni settentrionali

L'ultima l'inchiesta si chiama "Eco boss" e ha portato, due mesi fa, all'arresto di un presunto boss dei Casalesi, al sequestro di aziende attive nel settore dei rifiuti e di terreni a destinazione agricola dove per anni è stato seppellito materiale proveniente dal nord Italia. Ma bisogna risalire indietro nel tempo per scoprire le vie del traffico illegale di rifiiuti tossici dal Nord verso il Sud dell'Italia.Diciassette anni fa l'autista di camion Mario Tamburrino, si presentò in ospedale dicendo di aver subito un fortissimo abbassamento della vista dopo aver scaricato alcuni bidoni di scorie tossiche provenienti dalla ditta Ecomovil di Cuneo in una discarica di Sant'Anastasia. Dopo le parole di Napolitano, basta seguire il filo delle inchieste per scoprire che tra i veleni di Napoli non mancano i "contributi"di aziende del Settetrione, ECOBOSS L'inchiesta Ecoboss, ad esempio, si basa su alcune intercettazioni risalenti a diversi anni fa e su recenti rivelazioni del pentito Domenico Bidognetti, cugino del boss Cicciotto è Mezzanotte. Per non sostenere il costo del regolare smaltimento dei rifiuti - sostiene l'accusa dei pm di Napoli - l'organizzazione ha simulato nel tempo attività di compostaggio in realtà mai effettuate, smaltendo invece abusivamente, su terreni agricoli rifiuti costituiti, tra l'altro, da fanghi di depurazione provenienti in gran parte da aziende della Lombardia, per un quantitativo di oltre 8.000 tonnellate di rifiuti ed un guadagno di circa 400mila euro. Dagli atti dell'inchiesta emerge che da dicembre 2002 a febbraio 2003 l'impianto "Rfg srl" (uno di quelli sequestrati, ndr) ha 'giratò in una cava del casertano circa 6mila tonnellate di rifiuti urbani provenienti dal consorzio "Milano Pulita". Lo racconta Elio Roma (il gestore della Rfg, indagato nell'inchiesta, ndr): "ricordo che nel dicembre 2002 Cardiello (un intermediario, ndr) mi propose di ricevere il materiale dal consorzio Milano Pulita. Fu per questo che effettuammo alcuni viaggi e scaricammo nel mio impianto. Poichè non mi convinceva l'odore del materiale dissi a Cardiello di bloccare i conferimenti ma lui mi pregò di ricevere i materiali dicendo che 'aveva degli impegni da rispettarè. Io gli dissi chiaramente che non potevo perchè il materiale puzzava e la gente del paese si sarebbe ribellata". Ma anche le cave di Pianura, dove a gennaio scoppiò la rivolta, hanno un legame con il Nord. L'inchiesta è affidata al pm Stefania Buda che dal racconto di alcuni testimoni ha scoperto che almeno dal 1987 al 1994 nella discarica sono finite centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti ospedalieri, fanghi speciali, polveri di amianto, residui di verniciatura, alimenti avariati o scaduti provenienti, tra l'altro da aziende presenti in alcuni comuni del torinese (Chivasso, Robossomero, Orbassano), del milanese (San Giuliano Milanese, Opera, Cuzzago di Premosello, Riva di Parabbiago, del pavese (Parona) e del bolognese (Pianoro). E sempre a Pianura sarebbero i rifiuti dell'Acna di Cengio. RE MIDA L'inchiesta "Re Mida" ha accertato che dal novembre 2002 al maggio 2003 sarebbero arrivati in Campania dal centro nord 40mila tonnellate di rifiuti, tra cui oli minerali derivati dalla lavorazione di idrocarburi, Pcb (pliclorofenili), fanghi industriali. ADELPHI L'operazione "Adhelphi" nel '93 portò invece alla luce gli intrecci tra camorra e politica anche per quanto riguarda il controllo delle discariche: furono emesse 116 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di esponenti della malavita, amministratori e imprenditori. I PENTITI Anche i pentiti hanno detto la loro sulla provenienza dei rifiuti. E non si tratta di pentiti qualunque: nell'inchiesta 'Spartacus', Carmine Schiavone, il cugino di Francesco "Sandokan" Schiavone, mise a verbale: "la camorra ha riempito gli scavi realizzati per la costruzione della superstrada Nola-Villa Literno sostituendo il terriccio con tonnellate di rifiuti trasportati da tutta Italia".
venerdì, 6 giugno 2008