Sui giornali

SUI GIORNALI

Wednesday, January 30, 2008

da il pane e le rose: rifiuti acna in campania

link:
http://www.pane-rose.it:80/files/index.php?c3:o10997


testo:

Prime approssimazioni sulla lotta contro la gestione dei rifiuti in Campania
(30 gennaio 2008)
La decisione del governo Prodi di nominare il responsabile del massacro di Genova, De Gennaro, a supercommissario per l’emergenza rifiuti in Campania è il chiaro segnale che ciò che si vuole togliere dalle strade (come persino Boselli denunciava) non sono le tonnellate di rifiuti ma le barricate ed i presidi di chi in questi giorni si sta opponendo all’ennesimo attentato alla propria salute. Si conferma così una prassi oramai consolidata: lo Stato che, a sentire la martellante propaganda ufficiale, dovrebbe essere espressione e al servizio dei cittadini, sempre più si contrappone alle loro richieste per imporre con la forza le soluzioni che servono solo ad assicurare la sete dei profitti di chi realmente e materialmente controlla questo stesso Stato, per affrontare sul terreno dell’ordine pubblico, della repressione poliziesca e giudiziaria, chi si ribella alle conseguenze di queste scellerate politiche. La nomina è stata approvata in maniera unanime dalla destra e dalla maggioranza di governo, compresa la cosiddetta “sinistra radicale”, la stessa che con il governatore Bassolino ha condiviso, senza battere ciglio, l’operato sia di Bertolaso sia di Pansa fino alla decisione di riaprire la discarica di Pianura. Sull’azione di vero e proprio pompieraggio di questi soggetti ed in particolare di Sodano (Rifondazione) torneremo più avanti. Le comode narrazioni dei media Vogliamo subito partire, invece, dagli episodi di Pianura su cui si è concentrata l’attenzione, per motivi diametralmente opposti, sia dei mass-media sia di settori di movimento e/o di singoli compagni per la rilevanza assunta da questa lotta. E’ infatti a fronte di quegli episodi che la nomina del superpoliziotto, dotato del potere di utilizzare persino l’esercito, è stata giustamente percepita come la volontà di normalizzare tutte le comunità resistenti sul territorio campano. Dovendo criminalizzare la protesta e preparare più esplicitamente il consenso alla repressione, i mass media e le forze politiche sono andati ben oltre la riproposizione delle accuse rivolte alle altre comunità resistenti in tutta Italia, come la No TAV. Non solo si tratterebbe di cittadini “egoisti”, affetti dal virus del NIMBY, ma di una vera e propria “vandea reazionaria”, “infiltrati della camorra”, “teppisti ultràs” e non ultimi “attivisti no global”. Quello della camorra è l’argomentazione principe che si sta usando per delegittimare la lotta di Pianura così come già era successo per i cittadini di Giugliano che chiedevano la chiusura di Taverna del Re, mostruoso ed inimmaginabile sito di stoccaggio delle ecoballe (cioè immondizia impacchettata tal quale, a cui il pudico quanto ipocrita nome assegnato non riesce a cambiare la sua puzza e tossicità). Stranamente la camorra viene chiamata in causa sempre nei momenti più opportuni e, come a non voler deludere i fan di una certa cinematografia tipo “Napoli chiama, la polizia risponde”, viene presentata plebea, violenta, prevaricatrice, involuta, una escrescenza esterna e soffocante la società. Insomma nulla a che vedere con quel fenomeno ultramoderno che è la vera camorra, quella che, pienamente globalizzata, fa fatturati da capogiro nell’economia illegale come in quella “legale”, la cui presenza nei “palazzi” e nelle leve del comando, è stata ripetutamente segnalata dalla stessa magistratura. Questa, infatti, non c’è stata mai raccontata in questi lunghi anni di gestione bassoliniana durante i quali, anzi, è sembrata sparire come per incanto insieme alle dotte analisi che avevano caratterizzato la sinistra degli anni precedenti. Consigli comunali sciolti per infiltrazioni camorristiche (solo tra il ’93 e il ‘97 sono stati 40), diverse caserme di carabinieri e di polizia messe sotto accusa (la Campania detiene, da anni, il primato per numero di esponenti di forze dell’ordine inquisiti per fatti di camorra e di acclarata concussione con le corruttele istituzionali), interi vertici di ASL inquisiti, pressioni elettorali, trasmigrazioni di uomini politici non proprio cristallini dalle fila della Casa delle Libertà a quelli dell’Unione, imprese chiacchierate che hanno continuato a vincere appalti: tutto ciò è trapelato in qualche trafiletto dei giornali locali mentre sulle prime pagine si batteva la grancassa sul cosiddetto rinascimento napoletano, grande operazione mediatica di accreditamento nazionale ed internazionale dell’amministrazione Bassolino, con cui si è oscurata la cruda realtà di una città e di una regione in balia, più di prima, dei comitati d’affari politico-istituzionali/imprenditoriali/camorristici. Una camorra che proprio sulla emergenza rifiuti, artatamente provocata con il contributo di politici ed imprenditori, in questi quindici anni ha fatto profitti d’oro, attraverso lo smaltimento di rifiuti legali ed illegali, attraverso la messa a disposizione di cave, terreni e aziende con le proprie strutture da essa controllati. Come dicevamo il volto violento della camorra viene evocato, guarda caso, in certe situazioni di mobilitazione sfidando ogni buon senso. Perché, a Pianura la camorra dovrebbe opporsi alla riapertura della discarica dal momento che la sua gestione e il minor controllo conseguente alla legalità della discarica stessa le consentirebbe di continuare a fare profitti con il trasporto, lo sversamento di rifiuti tossici, la “sistemazione” di soggetti a lei graditi? E, infatti, non si oppone. A dirlo è lo stesso Ministro Amato che ha escluso qualsiasi infiltrazioni camorristica. Ma si sa che anche di fronte all’evidenza sono più forti le ragioni della criminalizzazione della protesta (mentre scriviamo si sta diffondendo la nuova bufala secondo cui sarebbero stati pagati), così che non solo si continua con questo refrain ma si punta l’indice anche su frange violente di ultras e sugli estremisti, di sinistra of course. Un mix che giustificherebbe la militarizzazione della regione. Sugli estremisti è addirittura apparso su Il Mattino di Napoli del 14/01 un bizzarro teorema: i no global si opporrebbero alle discariche, farebbero barricate ed aggredirebbero anche i vigili del fuoco, non per difendere territorio e salute da altri scempi ma per pura vendetta contro De Gennaro, responsabile di quanto accaduto a Genova; il suo fallimento sarebbe lo scalpo da portare a casa. Ci sarebbe da incazzarsi molto ma, poiché anche del più idiota gli estremisti sanno cogliere una certa “originalità”, la Rete campana si è limitata ad inviare una replica a Il Mattino e all’idiota, Raffaele Indolfi. Niente affatto originale, invece, la stereotipizzazione della rivolta di settori di cittadini di Pianura. Si tratterebbe, appunto, di frange violente di tifosi, teppisti vicini alla destra, estranei e marginali rispetto alla gente del quartiere tenuta in ostaggio dalle loro barricate e le loro minacce. Una fraseologia che ricorda molto quella usata in Francia per la rivolta delle banlieu ed, esattamente come già accaduto in Francia, è usata in egual modo a destra come a sinistra. Di più. Se per le banlieu qualche radical nostrano si era lanciato in analisi sociologiche “giustificatorie”, nel caso di Pianura, ma possiamo aggiungere anche della rivolta sarda contro le navi di mondezza campana, si dà per scontato che si ha a che fare solo con criminogena plebaglia. e la cruda realtà dei fatti L’obiettivo, vecchio come il cucco, è quello di provare ad incrinare un fronte che rivendica la sua unitarietà seppure nelle differenti espressioni della rivolta. Per la prima volta, infatti, abbiamo assistito ad una solidarietà diffusa ed al riconoscere come legittime, se non addirittura come proprie anche da coloro che non vi partecipano direttamente o non si mobilitano affatto, le azioni meno pacifiche portate avanti da queste “frange”. I blocchi dei dimostranti, che hanno isolato il quartiere dal resto della città, non hanno visto attive reazioni contrarie alla protesta; viceversa hanno suscitato una diffusa indignazione le forze dell’ordine, l’ingente schieramento di mezzi e gli interventi repressivi. La ragione, ovviamente, sta nella condivisione da parte di tutta la popolazione della rabbia che quei giovani vanno esprimendo. Una rabbia che viene dall’ennesimo schiaffo ad un quartiere che per oltre 40 anni è stato la pattumiera non solo di Napoli e della Campania ma del Nord Italia (ad es. secondo Nicola de Ruggiero, assessore all'ambiente della Regione Piemonte, a Pianura sono arrivate almeno 800 mila tonnellate dei rifiuti dell’Acna di Cengio) e del quale era stata promessa la bonifica e la riqualificazione. Un quartiere cresciuto sulla e intorno alla discarica tra le esalazioni mai sopite dei veleni sversati illegalmente, dove le case provvisorie del dopo terremoto 1980 sono diventate definitive per i deportati dal centro della città, dove i servizi sociali e le fogne sono ancora un sogno al punto che sono state messe sul piatto delle offerte in cambio della disponibilità a ritornare ad essere l’immondezzaio di Napoli, dove la disoccupazione è altissima, dove la presenza della polizia è sinonimo di repressione e arroganza ma anche di corruzione, di mazzette e taglieggiamenti, come emerge troppo spesso dalle cronache. Chi vive qui, come negli altri quartieri degradati della periferia di Napoli, sa di avere meno chance degli altri napoletani (ed è quanto dire!), di essere di serie B; sa che quando arriva nelle zone bene della città è guardato con sospetto al punto che qualche benpensante è arrivato a chiedere la chiusura serale della metropolitana per impedirne la circolazione in quartieri come il Vomero. Sono “cafoni” e “plebaglia” da emarginare persino nel mondo dei tifosi. E se la vita è un calcio nel sedere non ci si può meravigliare che si danno calci a chi di quella vita è il responsabile e se ne colpiscono i simboli ed i servi. Stanno tutte qui le ragioni dei roghi, delle barricate, degli assalti. In tal senso sono quanto mai esplicative le interviste uscite in questi giorni ai partecipanti agli scontri di Pianura. Un rappresentante del gruppo “Guerriglia urbana” (una delle tante sigle emerse), intervistato da Repubblica Radio TV, sintetizzava così: “noi abbiamo un ideale: vivere, violenza, aggregazione, disgregazione dello stato di merda, per difendere la cittadinanza, per aiutare, solidarietà….Non abbiamo l’illuminazione, non abbiamo un corno e di nuovo la pattumiera d’Italia, perché il Nord che ha scaricato in queste zone per anni non si può assumere un po’ di questa immondizia e trovare siti alternativi?..”. Un altro giovane (Corriere del Mezzogiorno del 10/01/08): “queste per noi sono giornate fantastiche, perché abbiamo un ruolo, ci sentiamo rispettati….Non ci manda nessuno, non obbediamo agli ordini di nessuno. A Pianura ci sono le guardie, e gli sbirri sono nemici. ….E’ sempre la stessa storia. Le guardie arrivano, ci danno ordini. Qui non obbediamo, siamo liberi”. Non ci vuole la zingara per capire che tra questi giovani ci sono gli ultras, cioè quelli che fanno dello stadio lo sfogatoio della loro rabbia né che ci sono giovani di destra. Come pure è evidente che ci sono piccoli spacciatori e scippatori, cioè quelli che per tirare a campare non hanno alternative e che la camorra, con il controllo del territorio, più che aizzare tiene ben disciplinati per 365 gg l’anno ostacolando qualsivoglia attivizzazione in direzione contraria all’”ordine” presente. I molteplici e diversi fronti di lotta Non siamo, quindi, di fronte agli attivisti duri e puri come piacerebbero a tanti di noi. Ciò nonostante siamo davanti ad una rivolta sentita, fuori dagli schemi percorsi ed agitati dai “professionisti” del movimento che, sorpresi ed impreparati di fronte a quella determinazione, hanno dovuto lavorare più che altrove per legittimare una presenza ed un percorso di lotta e provare a connettere questa resistenza alle altre presenti sul territorio campano. E’ questo il difficile terreno su cui gli attivisti della Rete sono costretti a misurarsi. Tutta la regione è in fibrillazione. Lo scempio di tonnellate di rifiuti, l’emergere a chiari dati della devastazione, l’arroganza di chi ha prodotto questo disastro che in maniera impudente non solo rimane al proprio posto ma rivendica il potere di decidere sulla pelle della popolazione, tutto questo ha determinato una mobilitazione diffusa mai vista prima in Campania. Ovunque ci sono blocchi stradali, comitati che nascono spontaneamente e chiedono di farla finita con l’emergenza. Ma parlare di un’unica vertenza, di un unico sentire, parlare di diffusa consapevolezza della posta in palio, non ci farebbe cogliere pienamente la realtà e nemmeno le difficoltà che dobbiamo realmente affrontare come attivisti per contribuire ad unificare le lotte in corso. Se è vero, infatti, che tutte le mobilitazioni sono dettate dalla esasperazione dovuta all’immondizia nelle strade, diversi sono gli obiettivi che le singole comunità vogliono raggiungere ed è su queste differenze che agisce la propaganda agita dalle istituzioni, dal commissariato e da mass media. In maniera molto schematica potremmo dire che: - nella città di Napoli, fino a poche settimane fa completamente sorda alle altre lotte sui rifiuti, e nell’immediata periferia, le popolazioni vogliono la liberazione delle strade dall’immondizia, vogliono che il servizio che pagano profumatamente con la TARSU (il più caro in Italia) sia efficiente. Che questo significhi aprire discariche vecchie o nuove, che si mandi l’immondizia in Germania o in Sardegna, che si faccia l’inceneritore, è irrilevante. Diversi sono il caso di Pianura che abbiamo descritto sopra ed il caso di Gianturco. Anche qui, secondo De Gennaro, dovrebbe venire un sito di stoccaggio provvisorio di rifiuti tal quale. Circa 10 mila tonnellate depositate nell’area della ex manifattura tabacchi che è nel quartiere a pochi metri dalle abitazioni. Una bomba ecologica inaccettabile per i cittadini di un quartiere già degradato e già oggetto di sversamenti legali (dell’ASIA a via Breccie) e illegali. La presenza nel quartiere del centro sociale Officina 99, i cui compagni sono attivi nella Rete campana, non solo ha portato all’occupazione dell’area dell’ex-manifattura ma sta favorendo la crescita e la mobilitazione di un comitato stabile anche sul progetto di trasformare quell’area in un sito di differenziata. Essendo, tra l’altro, un quartiere cui afferisce gran parte del commercio all’ingrosso cinese, ci si è rivolti, con successo, alla comunità affinché collabori al recupero di imballi portandoli nel sito occupato - nelle zone della periferia metropolitana, già martoriate da anni ed anni di sversamento legale ed illegale, la situazione è più contraddittoria. In questi inferni, piccoli gruppi di compagni e di cittadini da anni si battono contro le discariche o i siti di stoccaggio presenti sul territorio. Nella più totale solitudine, a Giugliano come a Villaricca, si sono battuti per la loro chiusura facendo presidi e sostenendo lo scontro con la polizia con il solo aiuto degli attivisti della Rete campana. Dalle esplosioni di questi giorni ci si sarebbe aspettato un facile connubio con la popolazione, in realtà questi compagni hanno dovuto constatare che ciò che prevale è la rabbia per avere cumuli di immondizia sotto casa pur avendo la discarica a poche centinaia di metri; la richiesta si “limita”, cioè, al diritto a sversare nel proprio territorio e non essere solo la pattumiera della metropoli; non mancano momenti polemici proprio con chi aveva lottato per quelle chiusure. - nei territori individuati, prima da Bertolaso e Pansa e poi da De Gennaro, come nuovi siti di stoccaggio e/o discarica, le comunità hanno difeso e difendono i propri territori dall’inevitabile scempio. Non perché questi siano oasi (anche se molto spesso lo sono dal punto di vista giuridico) incontaminate ma perché l’eventuale sito rappresenterebbe anche la devastazione economica. Non a caso a Chianche (terra di produzione del famoso greco di tufo), a Carabbottoli, a Pignataro, zone di agricoltura, di allevamento bufalino i contadini si sono mobilitati in massa costringendo i loro rappresentanti istituzionali, da sempre conniventi con il sistema di gestione dei rifiuti, a schierarsi contro le decisioni del commissario straordinario. Dove presenti, i compagni sono riusciti ad avere un ruolo sebbene non di direzione e con qualche difficoltà a far passare un ragionamento che andasse oltre la vertenza immediata. La situazione di Montesarchio, nel beneventano, è in evoluzione proprio in questi giorni. La partecipazione cresce ma, trovandoci nel regno di Mastella, peseranno oltre alla mobilitazione messa in campo dalla popolazione anche le vicende politiche ed il rapporto regionale e nazionale con l’UDEUR. - Ancora diverso il caso di Acerra. Lì, come tutti ricordano, avevamo assistito alla scesa in campo di tutta la città contro l’inceneritore. La repressione brutale del 29 agosto 2004 e la frammentazione della soggettività politica interna a quella lotta ha prodotto una fatalistica rassegnazione. Il lavoro fatto dalla Rete negli ultimi mesi ha fatto fare qualche passo in avanti (v. la riuscita manifestazione nazionale tenutavi il mese scorso) con la riattivizzazione di pezzi della cosiddetta “società civile” ma stenta ancora a far ripartire l’ampia partecipazione del passato. Intanto nei pressi di Acerra, a Marigliano individuato come sito di stoccaggio, cominciano a crescere i presidi per impedire la collocazione di 98 mila tonnellate di rifiuti. e le difficoltà di coniugarli in un unico movimento Dicevamo che ciò che accomuna tutte queste realtà è l’esasperazione legata alla contingente massiccia presenza di rifiuti nelle strade e la sfiducia verso l’istituzione regionale, Bassolino in primis. Su questi elementi cerca di insinuarsi la destra. Mai come in questi mesi sono scorazzati per discariche e presidi così tanti neri soggetti -da Storace alla Mussolini per non parlare degli accattoni di AN e FI-; eppure al di là di infuocati manifesti e qualche lista di disoccupati loro affiliata (pronta a contrattare o nella partita della differenziata o nell’ambito dei benefits previsti dallo stesso Commissariato per risarcire i “sacrifici” delle comunità dei territori-discarica) la loro opposizione parolaia non sembra fare proseliti tra chi si mobilita. Più preoccupante, invece, il ruolo svolto dai sindaci. Di destra o di sinistra che siano, questi sono costretti a scendere in campo ed a schierarsi (pena la loro testa) a fianco dei cittadini. Ma questo schieramento è nel 99% dei casi il preludio a compromessi e cedimenti che nel migliore dei casi rispondono alla logica, imperversante, della “riduzione del danno”. E’ quanto avvenuto nei mesi scorsi a Serre dove il primo cittadino, dopo coraggiose denunce e le manganellate che non hanno risparmiato la sua fascia tricolore, ha accettato -contro il parere di una parte dei comitati- il compromesso dell’apertura di Macchia Soprano. Ma ovunque, sia per il ricatto esplicito di commissariamento e taglio dei fondi da parte del Commissariato Straordinario e del governo, sia per collusioni con l’attuale gestione dei rifiuti, i sindaci sono pronti a fare quella che si dice “la loro parte”. Il risultato è l’inevitabile sfiducia che segue ogni mancata vittoria Nel giocare questa partita ciò che appare più vergognoso è il ruolo di quella “sinistra radicale” che ha trovato in Tommaso Sodano (PRC), presidente della Commissione ambiente, il suo pompiere. Senza la sua “mediazione”, la sua lingua biforcuta, sarebbe stato più difficile far ingoiare a Serre come altrove i piani del Commissariato. Il che fa il paio con l’atteggiamento generale di Rifondazione che si è schierata con Bassolino di fronte alle accuse della magistratura, ha accettato l’operato dei vari commissari straordinari ed è arrivata a plaudire la nomina di De Gennaro. E’ evidente, quindi, che per i compagni il lavoro è tutto in salita: smantellare la fiducia in simili soggetti evitando di assecondare il populismo della destra o l’apoliticità ed il qualunquismo anche quando veicolati da soggetti come il Grillo del momento. Nello stesso tempo far emergere una critica generale al sistema, disvelare il groviglio di interessi che sta dietro la gestione dei rifiuti in generale e che in Campania trova la sua devastante esplicitazione per un connubio politico/affaristico/camorristico particolarmente famelico. Ma si tratta anche di connettere le lotte, generalizzarle, non farle disperdere, organizzarle intorno ad una ipotesi altra. Anche questo è un terreno difficile. Intercettando proprio quel sentimento di cui dicevamo: togliere l’immondizia costi quel che costi, il Commissariato, le istituzioni locali e nazionali, i mass-media hanno avviato un’intensa campagna pro-inceneritore e di criminalizzazione di chiunque si oppone ad ospitare/rimanere discarica o altro sfogatoio per uscire dall’emergenza. Conferenze universitarie con esperti internazionali favorevoli all’incenerimento, richiamo continuo alla necessità di collocare l’attuale immondizia pena le epidemie, articoli e trasmissioni denigratorie verso intellettuali e medici che, denunciando lo stato di disastro ambientale, sono accusati, insieme agli attivisti, di seminare allarmismo verso i prodotti agricoli campani (non ci sarebbe da meravigliarsi se di qui a poco ci si inventasse un altro capo d’accusa tipo “cospirazione per procurare allarme e disastro economico”). Di fronte ad una tale potenza di fuoco non sorprende che la messa in funzione degli inceneritori venga considerata dalla gran parte della popolazione come l’unica soluzione al problema tanto che persino i rivoltosi ultras di Pianura hanno esposto nello stadio lo striscione: “ma che mercato di giocatori acquistiamo i termovalorizzatori”. Ciò nonostante, però, sta crescendo l’attenzione intorno alle ragioni ed alle soluzioni proposte dal movimento. I presidi di questi giorni proprio al centro della città, l’occupazione dell’ex manifattura e la nascita di comitati di quartiere (grazie al lavoro della Rete, dei movimenti dei disoccupati e del sindacalismo di base ma anche di altre associazioni -dalla Rete Lilliput, ai grillini, all’Assise di Marigliano) vedono minore ostilità e richiesta di maggiore informazione (anche sul come contribuire) da parte di normali cittadini stanchi di una classe politica ormai non più credibile. Questa della credibilità è un punto che si è posto con forza nel movimento. In sintesi ci si è posti il problema di come, di fronte alla campagna dell’avversario che ci dipinge come i signor no, possiamo essere credibili presso una popolazione esasperata, se, cioè, possiamo o dobbiamo dare soluzioni del tipo siti alternativi o di appoggio all’invio agli inceneritori dei paesi richiedenti (v Germania e Svizzera) o verso le altre regioni. Il dibattito per fortuna ha fatto piazza pulita di queste ipotesi (compreso di qualche accenno critico agli oppositori sardi …. è il movimento bellezza!) ma, come in altre occasioni, la tentazione di essere “ragionevoli” e di “sostituirsi” rimane quando il movimento respira o è costretto a respirare un’aria troppo “locale”. Per questo come compagni, interni a questa battaglia, riteniamo che vadano ampliati gli sforzi in atto affinché la lotta diventi nazionale. In ballo non ci sono solo i rifiuti e gli inceneritori che accomunano già molte delle lotte sparse per l’Italia, ma un’aggressione senza precedenti, da parte del capitale italiano –per non dire internazionale-, al territorio. Di fronte al crescente sfruttamento sui posti di lavoro, all’espropriazione per profitto dei beni comuni varrebbe la pena di fare un passo avanti rispetto a quello già notevole del Patto di Mutuo Soccorso e ricominciare a porre, con un unico movimento, l’idea di un’alternativa di sistema di cui ormai si sente il bisogno, per non dover continuamente rincorrere gli attacchi su tutti i fronti cui siamo sottoposti, o peggio pensare di poter risolvere i nostri problemi dandoci una “adeguata e vera” rappresentanza in ambito istituzionale che faccia valere i nostri interessi. La bramosia di profitti non accetta limiti e spinge a commettere i peggiori crimini in suo onore. Chi aveva sognato un capitalismo dal volto umano, chi aveva vagheggiato di una società fondata sul mercato ma giusta trova anche nelle recenti vicende napoletane una clamorosa smentita. La politica di saccheggio, di rapina e di espropriazione di beni comuni essenziali alla riproduzione della stessa vita, non rappresentano solo un marchio di infamia originario del capitalismo da cui si sarebbe successivamente emendato, ma un tratto costitutivo e permanente del suo modo di essere. Il liberismo imperante degli ultimi decenni, non è un frutto degenere e perverso di relazioni sociali altrimenti accettabili, ma la logica conseguenza di un sistema sociale che ha fatto della ricerca del massimo profitto la sua vera religione e che oramai ha sottomesso sotto le sue leggi l’intero pianeta e ogni aspetto della produzione e della riproduzione sociale.
I compagni di Red Link

Wednesday, January 23, 2008

da savona news: rifiuti interrati all' acna

http://www.savonanews.it:80/it/internal.php?news_code=29607


Liguria: Saldo, Fi, "Più tutele per la salute dei vadesi"
“La centrale a carbone di Vado-Quiliano è da sempre fonte di inquinamento, con conseguenze estremamente dannose per la salute della popolazione residente e per l’ambiente” così dichiara il Consigliere regionale di Forza Italia Gabriele Saldo, Vicepresidente della IV Commissione Attività produttive sulla vicenda di Vado-Quiliano. “Ci deve essere un’esigenza di controllo degli impianti produttivi, perché la salute della gente è, e deve essere, primaria. Anche la centrale di Vado-Quiliano, proprio per il suo impatto sulla popolazione e sull’ambiente deve essere soggetta a controlli” prosegue il Consigliere di Forza Italia, “E per capire qual è la situazione ho presentato oggi un’interpellanza sulla centrale. Ritengo che i cittadini abbiano diritto ad avere risposte chiare, e in sede istituzionale, su tutta una serie di problematiche scaturenti dalla presenza della centrale a carbone a Vado: ad esempio, qual è la percentuale di inquinamento prodotta e se vengono rispettati i limiti di emissioni previsti dalla normativa in materia, quanto carbone viene bruciato ogni anno, se corrisponde al vero che è in corso un procedimento per l’ampliamento e il potenziamento a carbone della centrale e qual è la posizione in merito della Regione, se le emissioni inquinanti rispettano il protocollo di Kyoto, gli accordi UE in materia e il Piano Energetico della Regione Liguria (Pearl) e, soprattutto, se sono state monitorate le popolazioni residenti nell’area in relazione alle tipologie di malattie causate da eccesso di inquinamento. Insomma, poche domande ma che meritano una risposta puntuale perché con la salute della gente non si scherza.”“E’ comunque curioso che i Verdi, che fanno della lotta agli inquinamenti un loro cavallo di battaglia, sull’argomento centrale a carbone tacciano. Hanno scatenato una guerra contro la piattaforma per lo sviluppo del Porto di Vado, ma sulla situazione della centrale non dicono una parola. Eppure, che la centrale di Vado inquini è una certezza. Sempre a tutela della salute dei liguri e dell’ambiente, ho presentato un’interpellanza riguardo l’interramento dei rifiuti tossici dell’ex Acna di Cengio.” “Viste le dichiarazioni riportate da un noto quotidiano in merito", conclude Saldo, "ho chiesto all’amministrazione regionale se intende verificare se risponde al vero che sarebbero stati interrati rifiuti tossici in alcune aree del savonese, dove, e se intende procedere alla bonifica delle aree coinvolte". Gabriele Saldo
g.s.
Lunedì 21 Gennaio 2008 ore 18:18

sequestrata la discarica di Pianura

http://www.ecostiera.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1356&Itemid=52&sectionid=3&idvis=1


Rifiuti, sequestrata la discarica di Pianura. Disastro ambientale ed epidemia colposa


Scritto da Redazione, 21/01/2008


La discarica Pisani nel quartiere Pianura di Napoli è stata sequestrata, in seguito agli esposti presentati dai cittadini e dai lavoratori che hanno svolto attività presso la discarica.
Disastro ambientale ed epidemia colposa. Queste le due ipotesi di reato formulate dal pm Stefania Buda nel decreto di sequestro della discarica Pisani. Le ipotesi sono: sversamento nel sito, nel corso degli anni, di rifiuti tossici, speciali e nocivi.
Questi rifiuti sono stati sversati sia legalmente negli scorsi decenni sia successivamente in maniera illecita. Tra questi ultimi circa 1000 tonnellate di fango provenienti dall'Acna di Cengio. Secondo alcune stime i rifiuti tossici accumulati nel sono periodo che va dal 1989 al 1993 sono pari al 23 per cento del totale.
Sono stati segnalati numerosi casi di tumori, malformazioni e malattie dell'apparato respiratorio. Gli inquirenti hanno acquisito, tra l'altro, uno studio dell'Organizzazione mondiale della Sanità e dell'istituto superiore della Sanità sulla eventuale relazione esistente tra la situazione di inquinamento e i danni alla salute.

Proteste a PianuraIl pm Buda insieme con alcuni esperti nominati dalla procura ha eseguito nei giorni scorsi un sopralluogo a contrada Pisani verificando “uno stato di abbandono totale”, come spiegano fonti della procura.
Accertamenti saranno svolti anche sulla falda acquifera dalla quale negli scorsi decenni è stata prelevata acqua per irrigare i terreni circostanti.La discarica, attiva dagli anni Cinquanta, non ha mai avuto un sistema di impermeabilizzazione, imposto da una legge del 1982, circostanza riscontrata dai magistrati.
Il sequestro probatorio ha il fine di “cristallizzare” la situazione evitando che lo sversamento di nuovi rifiuti comprometta le indagini sulle relazioni tra malattie e inquinamento ambientale.
Il provvedimento riguarda l'intera area di contrada Pisani. Il provvedimento adottato esclude l'ipotesi che una parte della discarica potesse essere utilizzata per accogliere nuovamente i rifiuti. Infatti, durante il piano presentato da Gianni De Gennaro, il commissario all'emergenza, ha detto che “su Pianura abbiamo individuato fuori dalle zone interessate dall'azione della magistratura un luogo per stoccare le ecoballe e lì attiveremo la sperimentazione dei protocolli di "inertizzazione" delle ecoballe che provengono dai Cdr di Caivano e Giugliano”.

Rifiuti, De Gennaro presenta il suo piano straordinario per uscire dall'emergenza

da la repubblica:rifiuti acna a pianura

http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/rifiuti-4/veleni-pianura/veleni-pianura.html

vedi anche:http://www.liberta.it/asp/default.asp?IDG=801222017&H=


IL RETROSCENA. Già otto anni fa una commissione parlamentare ne accertò l'arrivo a Pianura. Un disastro ancora da quantificare

Anche i fanghi dell'Acna di Cengiotra i veleni sepolti sotto quella collina
di CARLO BONINI

QUALI veleni nasconde Pianura? E quei veleni che storia e quali responsabilità raccontano? Perché, per dodici anni, di quella discarica nessuno ha più voluto sentir parlare? Massimo Scalia è tornato a insegnare Fisica all'università di Roma "La Sapienza". È stato parlamentare dei Verdi. Tra il 1998 e il 2000 ha presieduto la commissione di inchiesta sui rifiuti. Di quel che sa, la politica sembra possa fare volentieri a meno. Dice: "Otto anni fa, nel nostro lavoro di indagine, accertammo in modo incontrovertibile che a Pianura erano finiti sicuramente i fanghi velenosi dell'Acna di Cengio. Un quantitativo rilevante, che purtroppo non riuscimmo a definire con esattezza perché buona parte della documentazione che riguardava i trasporti o era andata distrutta o era incompleta. Quei fanghi, ovviamente, sono ancora lì, a Pianura. E se nessuno metterà mano continueranno ad avvelenare la terra e l'acqua. Per sempre". L'Azienda Coloranti Nazionali e Affini (Acna) di Cengio (Savona), la devastazione del fiume Bormida e l'aspetto lunare della sua valle, sono da almeno dieci lustri la metafora dell'omicidio volontario dell'ambiente per mano dell'uomo. Ne scriveva già Beppe Fenoglio - "Hai mai visto Bormida? Ha l'acqua color del sangue raggrumato, che ti mette freddo nel midollo. Sulle sue rive non cresce più un filo d'erba" - ma fu solo il 23 luglio dell'88, quando dalle sue ciminiere si liberò una nube di anidride solforosa, che l'Italia comprese. L'Acna andava chiusa e, soprattutto, andava in qualche modo aggredita la montagna di veleni che aveva prodotto. Napoli, evidentemente, era un'eccellente pattumiera. Stefano Leoni è stato fino al 2005 commissario speciale per la bonifica dell'Acna. In sei anni, ha liberato la val Bormida da 300 mila metri cubi di sali sodici. Ha avviato e stoccato nelle miniere di sale abbandonate di Halle (Germania Est) 250 mila tonnellate di fanghi velenosi. Ha accertato che nelle viscere di quella sciagurata terra, restano 3 milioni e mezzo di metri cubi di peci nocive.


Racconta: "Se dovessi dire cosa c'era all'Acna quando siamo arrivati nel '99, farei prima a dire cosa mancava. La fabbrica aveva prodotto per decenni prima esplosivi, quindi vernici. Inventariammo qualcosa come 280 categorie di composti chimici. Le classi di sostanze venefiche che rilevammo erano praticamente al completo. E delle più pericolose: diossine; ammine (composti organici derivanti dall'ammoniaca e contenenti azoto, ndr); composti dello zolfo, del cianuro. Purtroppo non riuscimmo ad accertare cosa era stato portato via prima del nostro arrivo. E dove. Sentimmo di fanghi trasferiti in Campania, incredibilmente a bordo di camion. Addirittura di navi fatte affondare". Nicola de Ruggiero, assessore all'ambiente della Regione Piemonte, sembra saperne di più. Non più tardi di una settimana fa, intervenendo in consiglio per sollecitare un voto favorevole ad accogliere una quota di rifiuti campani, dice: "Esiste da sempre una forza centrifuga che spinge i rifiuti fuori dalla Campania, mentre i tossico-nocivi, forse per particolari margini di legalità in quell'area, hanno un percorso inverso. A Pianura sono arrivate almeno 800 mila tonnellate dei rifiuti di Cengio, azienda per noi emblematica del disastro ambientale causato dal Piemonte". Scalia insiste. "Ribadisco che un dato così esatto non è possibile formularlo. Ma questo non toglie che a Pianura i fanghi di Cengio siano arrivati". Anche perché, forse, non fu neppure necessario nasconderli. Paolo Russo (Forza Italia) ha presieduto nella scorsa legislatura la commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti. Dice: "Tra il 1988 e il 1991, l'allora amministrazione della Provincia di Napoli autorizzò tutte le discariche del napoletano regolarmente censite ad accogliere rifiuti assimilati fuori regione. 1988-1991. Mi pare che con le date ci siamo. L'Acna è dell'88. La chiusura di Pianura è del 1996. E, dieci anni fa, quell'immenso cratere da 8 milioni di tonnellate di capienza, era evidentemente considerato un pozzo senza fondo in cui poter scaricare di tutto". La commissione presieduta da Russo sul ciglio di Pianura non si è mai affacciata. "Non ne abbiamo avuto modo e, diciamo pure, nessuno ci ha sollecitato a farlo. Era considerata una storia chiusa. Finita. Si parlava di un campo da golf". Nessuno pensò fosse neppure necessario bonificarla. Anche perché, come ricorda Russo, non più tardi di quattro anni fa, "la società che gestiva i terreni della ex discarica, risultava sottoposta a interdizione perché non in regola con la normativa antimafia". La camorra, dunque. Ma anche l'inerzia degli addetti e degli amministratori locali, che a Pianura hanno condotto nel tempo solo carotaggi superficiali. Le sonde non sono mai state spinte oltre i 20 metri di profondità. Oltre la soglia necessaria a pescare nei fanghi velenosi di Cengio. Ad accertare cosa diavolo si sia stratificato nel cratere in quarant'anni di attività. Se per negligenza o per dolo, questo, forse, lo accerterà l'inchiesta della Procura di Napoli. È un fatto che pensare di lasciare Pianura così com'è, annunci soltanto un nuovo disastro ambientale. Leoni ne sa qualcosa: "Pianura va assolutamente messa in sicurezza. Isolata e quindi bonificata. Sicuramente, sarebbe meglio non muovere una sola zolla del suo terreno. Anche perché aggiungere nuova pressione sull'invaso, qualunque sia il tipo di materiale scaricato, anche solo delle ecoballe, potrebbe produrre improvvisi cambi di pressione interna, alterare gli equilibri di quel che è lì sotto. Noi lo abbiamo imparato a Cengio. Quando arrivammo al cuore dei fanghi, realizzammo che l'unica cosa da fare era richiudere e procedere a una perimetrazione che rendesse impermeabile quel pozzo di veleni". (22 gennaio 2008)

Friday, January 18, 2008

lo spettro dei veleni dell’ex Acna si aggira per il mondo

beh, dovrebbe essere cessato dal 1982 lo smaltimento illegale non dagli anni 90


http://www.ivg.it/2008/01/16/cengio-lo-spettro-dei-veleni-dellex-acna-sparsi-nelle-discariche-per-i-rifiuti-solido-urbani/

- Il Vostro Giornale - http://www.ivg.it -

Cengio, lo spettro dei veleni dell’ex Acna sparsi nelle discariche per i rifiuti solido-urbani


16 Gennaio 2008 @ 17:08 Nessun commento
Cengio. Dalle dichiarazioni dei Comitati antidiscarica di Pianura e di sindacalisti come Giampietro Meinero e Luigi Pregliasco emerge un’altra, spaventosa faccia di quei “Cent’anni di veleno” che Alessandro Helmann descrive nel suo volume sull’Acna di Cengio, giunto alla seconda edizione. Un milione di tonnellate di veleni interrati nei dintorni dell’ex azienda chimica, 40000 tonnellate all’anno di rifiuti velenosi prodotti, 100 mila tonnellate sepolte in quella discarica di Napoli che gli abitanti presidiano giornalmente perché non venga riaperta.“I rifiuti ‘tombati’ devono rimanere sotto costante controllo, ma sono l’aspetto meno preoccupante - ha osservato Giampietro Meinero, presidente del Comitato Inps di Savona e consulente dell’Inca regionale per i tumori professionali - Invece dovrebbero preoccupare assai di più quei rifiuti dell’Acna sparsi non si sa bene dove. Sino agli Anni Novanta nello stabilimento chimico di Cengio veniva interrato di tutto, anche perchè non vi era nessuna legge che regolamentava il conferimento dei rifiuti, e quello che non veniva ’sotterrato’ veniva mandato, forse da intermediari non meglio identificati in diverse parti del mondo”. “Molti dei rifiuti tossico-nocivi dell’Acna - ha detto Meinero, in riferimento ai dati di un dossier di Legambiente redatto nel 1997 - venivano addirittura convogliati in diverse discariche autorizzate solamente per i solido-urbani e per quelli speciali, ma non di certo per i tossico-nocivi”.Questa la considerazione di Franco Xibilia, della Confederazione Cobas Savona: “Non c’è nulla da fare: il dramma della Valbormida non si può nascondere, perché riemerge sempre,in qualità e quantità inaudite e ci fa meglio capire perché ci volle il fascismo per imporre all’Italia questa orrida tipologia di industria chimica, che oggi si può ancor meglio definire ‘industria dei rifiuti cancerogeni’. Tonnellate di amianto, responsabili di mesotelioma pleurico, prodotte per essere interrate. Questa verità che emerge oggi ci induce a lottare con determinazione per impedire che possano ritornare queste fabbriche e per raggiungere l’obiettivo, serio e non utopistico, di una società a rifiuti zero”.La storia dell’Acna si intreccia con l’attuale emergenza rifiuti nel Napoletano. Nella discarica di Pianura, come confermato dall’ex sindacalista Giovanni Pregliasco, per sette anni sono state inviate a vagonate tonnellate di rifiuti provenienti dalle lavorazioni nella fabbrica di Cengio di 374 diversi composti chimici.

Articolo stampato da Il Vostro Giornale: http://www.ivg.it
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Click qui per stampare.

Wednesday, January 16, 2008

fine della 2a Repubblica nei rifiuti e rifiuti dell' acna ancora come paradigma

la prima repubbliga è finita con mani pulite, con apoteosi nel caso enimont con al centro l' acna.
la seconda repubblica, perchè non si può pensare che qualcosa non cambi alla radice con il fallimento epocale della classe politica che fa il giro del mondo con le immagini dei rifiuti nelle strade e le scuole chiuse, finisce ancora con i rifiuti acna, citati dai comitati di Pianura,a cui va tutta la nostra solidarietà (cose già viste e vissute), nelle varie trasmissioni televisive.
Speriamo di non dovere ancora scegliere in futuro tra allessandra mussolini e bassolino e basta.

links:

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2008/01/rifiuti-emergenze-italiane.shtml?uuid=9212976a-c272-11dc-8603-00000e251029&DocRulesView=Libero

http://www.ilsecoloxix.it/genova/view.php?DIR=/genova/documenti/2008/01/15/&CODE=df71ffc8-c330-11dc-aaca-0003badbebe4

Tuesday, January 15, 2008

i rifiiuti in campania li ha mandati anche l' acna, azienda della provincia di cuneo o comunque in piemonte

magari l' acna fosse stata in provincia di cuneo! non ci sarebbero stati centri di documentazioni libri spettacoli teatrali perchè la vicenda si sarebbe risolta in poco tempo.
è di savona, quindi è savona che deve prendersi i rifiuti sulla base di quel ragionamento.
invito a visitare il centro di documentazione e il confine così l' ignoranza diminuirà un poco: o forse perchè il centro di documentazione con la sua importanza ha fatto diventare piemontese la vicenda. Comunque è giusto che l' area dell acna venga acquisita dal piemonte lo diciamo da anni.
Fatelo così correggete i vs. errori storici e geografici.
800.000 ton mi sembrano proprio un po' troppi.

http://www.ilsecoloxix.it/savona/view.php?DIR=/savona/documenti/2008/01/15/&CODE=be422b04-c3b0-11dc-aaca-0003badbebe4


15 gennaio 2008
Rifiuti campani, il Piemonte«Prendiamoli, ricordiamo l’Acna»
Si riparla dell’Acna di Cengio nella vicenda dei rifiuti campani. L’argomento è stato affrontato dal consiglio regionale del Piemonte.
«Stare dentro un sistema solidale conviene a tutti, anche al Piemonte che negli anni passati ha inviato in Campania 800 mila tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti dall’Acna di Cengio. In questi giorni c’è chi tende a considerare fessi i buonisti, ma io continuo a preferire un mondo di buonisti a uno fatto di eccessi di egoismo».
Questa, in sintesi estrema, la reprimenda fatta oggi in consiglio regionale dall’assessore regionale all’Ambiente del Piemonte, Nicola De Ruggiero. Nell’intervento fatto in apertura della seduta dedicata alla discussione sul sostegno alla Campania in occasione dell’emergenza rifiuti, De Ruggiero ha ribadito che la Regione Piemonte «è disponibile ad accogliere circa cinquemila tonnellate di rifiuti, la quota concertata dalle Regioni nei giorni scorsi», ricordando che si tratta di quanto i cittadini piemontesi producono in un solo giorno.
La gestione dei rifiuti in Piemonte infatti, ha sottolineato, funziona bene e la Regione ha registrato la disponibilità a ricevere rifiuti da parte dell’Amiat di Torino e dell’Acem del Monregalese, in provincia di Cuneo. Da due anni, ha ricordato, la quantità complessiva di rifiuti prodotta in Piemonte è ferma a due milioni e 200 mila tonnellate e si è già raggiunto il 45% di differenziata, con un anno di anticipo sugli obiettivi fissati dal governo. «Se passerà il principio che ogni Regione deve occuparsi soltanto dei rifiuti propri, il prossimo passo - ha paventato De Ruggiero - sarà che ogni provincia rifiuterà di accogliere i rifiuti della provincia confinante. Ci saranno così impianti sottoutilizzati rispetto alla loro capacità, e province che avranno problemi di smaltimento».
Quando nel 1999 l´azienda chimica Acna, responsabile del grave inquinamento della Valle Bormida, ai confini fra le province di Cuneo e di Savona, chiuse definitivamente si dovevano ancora smaltire 3 milioni di metri cubi di rifiuti industriali, oltre a 300 mila metri cubi di rifiuti salini stoccati in vasche denominate lagunaggi.
L’ area industriale inquinata era di 80 ettari, ma la contaminazione si era diffusa su oltre 70 chilometri della vallata lungo il fiume Bormida. I rifiuti derivavano dalla lavorazione nella fabbrica di 374 diversi composti chimici. Prima della nomina del commissario governativo per l’ Acna, una parte di queste scorie, secondo quanto risulta dai verbali della commissione parlamentare d’ inchiesta e dalle denunce dell’ Associazione Valle Bormida pulita, fu inviata con vagoni ferroviari in Campania, pare anche nella discarica di Pianura.
A Cengio c’è un’ area dove sono stati sepolti 3 milioni di metri cubi delle scorie più pericolose. I rifiuti salini sono finiti in una miniera di salgemma in Germania. La bonifica è in via di ultimazione e dovrebbe concludersi nel 2010.


http://www.grandain.com/informazione/dettaglio.asp?id=15221

Al direttore - Emergenza rifiuti in Campania: i risvolti in provincia di Cuneo

Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni della segreteria provinciale di Rifondazione Comunista

Al direttore - La tragedia campana è la conseguenza di 14 anni di commissariamento e la mancanza di assunzioni di responsabilità di quei amministratori. Aiutiamo quella popolazione chiedendo loro di pretendere una diversa gestione dei rifiuti, basata sulla prevenzione, la raccolta differenziata spinta, finalizzata al compostaggio e al riciclaggio, cosa finora non fatta.In questi giorni abbiamo duramente criticato la politica degli amministratori della Campania nel gestire i rifiuti. Ancora una volta ribadiamo che questa emergenza come altre precedenti sono state provocate dalla scelta di puntare tutto sugli impianti tecnologici, riempiendo la regione di milioni di “ecoballe” accumulate per alimentare futuri inceneritori.La mancanza di una gestione del ciclo dei rifiuti centrata principalmente sulla prevenzione e la raccolta differenziata finalizzata a compostaggio e riciclaggio hanno creato le attuali condizioni. Più volte abbiamo ricordato che quella regione ha bisogno di almeno venti impianti di compostaggio da realizzare con la massima urgenza per accogliere la parte putrescibile del rifiuto, principale causa del maggiore disagio per quei cittadini.In questo momento è il disastro ambientale e igienico per la popolazione di Napoli ed in particolare per le periferie più povere, a prevalere.Per questo invitando alla massima mobilitazione del movimento ambientalista e delle forze politiche della sinistra per costringere quelle amministrazioni ad assumere le proprie responsabilità e avviare una gestione del ciclo dei rifiuti in stretto rapporto con i cittadini.Riteniamo doveroso rispondere all’emergenza terribile che colpisce quella popolazione. Pertanto condividiamo la scelta dell’assessore regionale De Ruggiero che ha dato la disponibilità ad accogliere 5.000 tonnellate di rifiuti urbani nella nostra regione.Vogliamo ricordare che quella quantità equivale al rifiuto urbano indifferenziato mandato a smaltimento in una decina di giorni nella nostra Regione, oppure aumentare dello 0,2 % la nostra raccolta differenziata. E’ impossibile da fare?Siamo perplessi per la risposta negativa preannunciata da alcune Province ed in particolare quella di Cuneo, dove la posizione della Giunta Costa non regge in merito a presunte inadeguatezze tecniche dei nostri siti in Provincia: in recenti articoli apparsi sulla stampa locale il sito di Magliano Alpi è descritto come assolutamente compatibile, senza sovraccarichi, per l'eventuale arrivo dei rifiuti della Campania. In realtà la maggioranza di centro-destra che guida la Provincia sembra più preoccupata di far quadrare i conti con la Lega da poco entrata in Giunta che di dare reali risposte alla drammatica emergenza dei rifiuti.Per anni la Campania è stata la “pattumiera d’Italia” (compresi i rifuti tossici della cuneese Acna di Cengio) ed in particolare di tutto il nord Italia, con centinaia di discariche più o meno abusive.Non facciamo pagare la colpa degli amministratori alla popolazione.Non possiamo dire “tanto a noi non ci riguarda”.Sergio Dalmasso Consigliere Regionale di Rifondazione ComunistaIvan Di Giambattista Consigliere Provinciale di Rifondazione ComunistaFabio Panero Segretario Provinciale e Consigliere Comunale a Cuneo di Rifondazione Comunista

bellissimo articolo di speranza:No a patti sospetti e a leggi regionali su misura per pochi vale anche per il piemonte

http://www.articolo21.info/rassegne/generale03122007/Art_071203_28146_00042.htm



Sole 24 Ore, Il"Nella Sicilia dei tabù il silenzio è stato rotto"
Data: 03/12/2007
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Il Sole-24 Oresezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2007-12-02 - pag: 9autore:
Nella Sicilia dei tabù il silenzio è stato rotto
No a patti sospetti e a leggi regionali su misura per pochi
di Mariano Maugeri I l contadino che a Roccapalumba sale sul treno che va ad Agrigento per tre volte, a tre persone diverse, domanda se il treno va ad Agrigento. E per tre volte ottiene la stessa risposta: «Almeno». La terza volta la risposta viene addirittura dal ferroviere: e allora il contadino si rassegna al dubbio. Nessuno è certo che il treno vada ad Agrigento: pare che ci vada, così è scritto, così credono i viaggiatori e coloro che lo muovono; ma può anche finire a Trapani, a Messina, all'inferno.La metafora è tratta da Nero su Nero di Leonardo Sciascia. Il romanzo scritto nel '79 è un corpo a corpo contro l'accettazione dell'idea, che alla fine prevarrà, dell'Italia come Paese senza verità: dalla morte del bandito Giuliano all'affare Moro.A Caltanissetta,in questi giorni, di "almeno" se ne sentono tanti. Tanti quanti sono i sospiri, le battute taglienti, le ironie feroci, le afasie improvvise. Tutte forme verbali che esprimono un disorientamento, un tentativo disperato di prendere tempo di fronte alla brutalità con la quale gli industriali hanno sbattuto in faccia la loro verità.Il tabù si è sbriciolato grazie ai quarantenni con gli occhi limpidi e la coscienza immacolata, stufi di imbarazzati colpetti di tosse e convenienze di bottega. Quei giovani hanno ribaltato il tavolo perché l'economia è ammorbata da patti inconfessabili, leggi regionali incomprensibili per tanti e su misura per pochi (quella degli Ambiti territoriali ottimali per l'acqua e i rifiuti è un regalo a Cosa Nostra), una classe politica che flirta con chiunque abbia potere e denari in cambio di altro potere e denari. La paura di avere una linea e mettere in fila i fatti attanaglia i politici. E allora si può comprendere e solidarizzare con questi quarantenni secondo i quali Caltanissetta è mafiosa quanto Gela, Niscemi, Riesi, San Cataldo e tutti i paesi del Vallone, quelli unti dalla criminalità, dalla prepotenza di mafiosi e stiddari, la mafia dei pastori che si sono ribellati a Cosa Nostra. Solo che a Caltanissetta, come ha scandito il procuratore generale, la mafia ha scelto «l'inabissamento», una parola che sarebbe piaciuta a Sciascia.Ed è una questione eterna, tutta isolana, quella sulla supposta estraneità dei siciliani, di certi siciliani, al sentire mafioso. Ma non è una questione eterna e tantomeno siciliana se le aziende sane soffocano sotto una valanga di denari sporchi, bande di prestanome e usurai professionisti, gare truccate. Nessuno ha mai creduto che in un qualsiasi mercato potessero convivere le aziende trasparenti e quelle mafiose. L'azienda mafiosa è peggio del global warming: desertifica, corrode dall'interno i fondamenti dell'economia schumpeteriana. Piddu Madonia, il gran capo di Cosa Nostra, è stato creativo, adattabile e mimetico come le cellule cancerose che divorano un corpo sano. Il corpo sano, per fortuna, c'era e c'è.E a Caltanissetta ha nomi e cognomi illustri come quelli degli Averna, cinque generazioni di Amaro con l'ultimo esponente, Francesco Rosario, vicepresidente di Confindustria e consigliere incaricato per il Mezzogiorno, che in un convegno del 2002 raccontava la sindrome da soffocamento dell'equazione mafia uguale Sicilia: «Non vogliamo essere il Sud della mafia; come classe imprenditoriale ci sentiamo di affermare con forza di essere le prime vittime della criminalità e di chiedere nel Mezzogiorno un deciso rafforzamento delle capacità di controllo da parte dello Stato ». Ma si sente soffocato chi non si ribella, chi non si organizza, chi non reagisce. Ivan Lo Bello, Marco Venturi, Antonello Montante devono essersi sentiti come gli ebrei nel ghetto di Varsavia prima della rivolta: certi solo della loro fine.Con un ribaltamento dei ruoli pirandelliano che si consuma il giorno della condanna di Pietro Di Vincenzo, presidente degli industriali nisseni, per concorso esterno in associazione mafiosa. Se scopri che la finta vittima è un carnefice, alla vera vittima non rimane che un doppio stratagemma o la mossa del cavallo, come direbbe Camilleri. Annunciare che da quel giorno in avanti gli imprenditori collusi e che pagano il racket saranno considerati alla stessa stregua dei mafiosi. E aggiungere che in Sicilia lo Stato esiste e cammina sulla gambe di migliaia di magistrati, funzionari e poliziotti. Gli emulatori di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Boris Giuliano. Vivi, vegeti e liberi di affermare la più inalienabile delle leggi fondanti della civiltà: il diritto alla legalità.Un gesto che ha la potenza di uno scisma e l'urgenza di una rivolta teologica. Ivan Lo Bello, il presidente di Sicindustria, non è papa Wojtyla, ma quelle parole del primo settembre pronunciate in modo fermo e con un timbro di voce basso hanno trafitto la malacarne mafiosa come la scomunica che Giovanni Pa-olo II affidò al vento di scirocco che quel giorno di maggio del '93 soffiava su Agrigento: «Convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio». Ora, come allora, è più difficile alzare le spalle e dire: «Almeno...». E infatti a Caltanissetta chi pretende di conoscere come gira il mondo fa esercizio di sarcasmo: «Voglio vederle le code degli imprenditori in attesa di denunciare i mafiosi davanti le stazioni dei carabinieri».Quelle file non sono nel capoluogo, ma ottanta chilometri più in là, a Gela, un inferno che si mostra senza pudori: sguaiato,rumoroso ed eccessivo come dev'essere la sua rappresentazione. Crocetta sembra uscito dalla penna di Almodòvar ma la sua testa è lucidamente gramsciana: istintivamente attore, razionalmente teorico della legalità. Ex quadro giramondo dell'Eni, ha sfidato la mafia due volte, la prima come politico, la seconda - lui omosessuale dichiarato - frantumando il codice della virilità così caro al superomismo mafioso. Il presidente della Camera di commercio di Caltanissetta, Marco Venturi, sussurra: «Nei momenti più difficili con Antonello e Ivan ci ripetevamo: se ce l'ha fatta Crocetta, possiamo riuscirci anche noi».Crocetta ce l'ha fatta imponendo nel 2003 la «clausola preventiva antimafia» inventata da lui stesso, che ha messo fuori gioco tutte le aziende dell'indotto del petrolchimico di Gela, comprese quelle del boss Madonia. Il sindaco non si fida neppure del suo occhio clinico: «Cerco sempre la luce negli occhi di chi mi sta di fronte. Ma ho imparato a diffidare di me stesso e ancor di più delle certezze lombrosiane. Quando incontro qualcuno che non conosco, gli raccomando solo una cosa: porta con te lo stato di famiglia». Le poche ore libere delle sue giornate, il sindaco le passa rileggendo L'assediodi Numanzia diCervantes ( «le somiglianze con Gela sono impressionanti»), il suo breviario laico, e le pagine monumentali degli atti scaturiti dalle due più grandi operazioni antimafia del nisseno: «Tagli pregiati» e «Grande Oriente».Per capire quanta fatica faranno Crocetta e i suoi alleati imprenditori a trascinare il resto del popolo siciliano nella loro trincea, ci si deve infilare dentro un rettangolo di cemento chiamato Palazzo di Giustizia, con i corridoi come solai disseminati di stampanti obsolete, sedie senza ruote, scrivanie capovolte.Dentro una delle tante porte di finta noce siede un uomo piccolo di statura con due occhi allenati a indagare chi si trova di fronte. Renato Di Natale, procuratore aggiunto della distrettuale antimafia di Caltanissetta, è un nisseno purosangue. In trent'anni ha ricoperto ruoli delicatissimi. Giudice del processo contro gli assassini di Paolo Borsellino, inquirente per la strage di Capaci, fu lui a inquisire gli assassini di Rosario Livatino, il giudice ragazzino che fu pure suo uditore a inizio carriera. E non ha mai dimenticato la testimonianza cruciale che rese un rappresentante di commercio del Nord Italia, «Nava Pietro Ivano», come lo chiama il giudice, che incrociò i killer sulla strada statale tra Agrigento e Caltanissetta e li denunciò. «Per la giustizia ha rovinato la sua vita», ricorda con commozione il procuratore. Quanti suoi concittadini renderebbero la stessa testimonianza, gli chiediamo? Un pudore istintivo suggerisce a Di Natale di abbassare prima la voce e poi lo sguardo, come se la confessione che sta per pronunciare ferisse lui prima di tutti: «Nessuno che io conosca».mariano.maugeri@ilsole24ore.com

Saturday, January 12, 2008

da la gazzetta d' alba, c. olocco: proroga commissario

http://www.stpauls.it/gazzetta/0801ga/0801ga08.htm


CENGIO
Bonifica Acna: Commissarioconfermato fino a giugno
di CORRADO OLOCCO

Ancora sei mesi di stato di emergenza e gestione commissariale per il sito Acna. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri il 21 dicembre, prorogando fino al 30 giugno il mandato al commissario straordinario Giuseppe Romano. Il Governo ha in pratica accolto le richieste della Regione Liguria, che nelle scorse settimane aveva auspicato una proroga dello stato di emergenza, per consentire il completamento della bonifica. Il prolungamento dell’incarico coincide coi tempi indicati nei mesi scorsi dal Commissario, che aveva parlato di giugno 2008 come data di chiusura delle operazioni di messa in sicurezza dell’area di Cengio.
Lo stato di emergenza, com’è già avvenuto nel 2007, riguarda solo il Comune di Cengio. Il decreto riferisce che «è necessario completare gli interventi urgenti necessari al superamento dell’emergenza, considerato che permane la necessità della tutela della salute pubblica e dell’ambiente dal pericolo di danni derivanti dal mancato completamento degli interventi di bonifica». Secondo il decreto è «indispensabile fronteggiare la situazione determinatasi mediante l’utilizzo di mezzi e poteri straordinari».
La gestione commissariale della bonifica Acna è iniziata nel 1999, con la nomina il 31 maggio del commissario Stefano Leoni, che rimase in carica fino al 31 dicembre 2004. Dall’11 gennaio 2005, l’incarico è passato (non senza polemiche da parte piemontese) a Giuseppe Romano.
Corrado Olocc0

Monday, January 07, 2008

dalla reuters:la rivolta dei rifiuti in campania? colpa dei rifiuti acna.

ecco il link:
http://www.borsaitaliana.reuters.it:80/news/NewsArticle.aspx?type=topNews&storyID=2008-01-05T122917Z_01_LAN534228_RTRIDST_0_OITTP-PIANURA-MONNEZZA-5GENN.XML